Home page

Formazione Biblioteca e Cineteca Politiche e Leggi  Tracce e Sentieri

torna a Anni abbastanza crudeli

TEPPISTI ANTI EUROPA, Furio Colombo

in l'Unità 8 gennaio 2002

L'  uomo che fino ad ora ha garantito reputazione e credibilità al Paese più europeista fra i fonda­tori dell'Unione è stato costretto ad andarsene.

L'offesa del gruppo Berlusconi (diffìcile adesso chiamar­lo governo) al presidente della Repubblica è evidente, sbandierata. Appena pochi giorni fa Ciampi aveva detto a nome del Paese, e chiesto al governo da primo cittadi­no italiano, sostegno, passione, partecipazione convinta al progetto europeo.

Altrettanto vistosa è la ferita nei rapporti con gli altri membri dell'Unione Europea.

L'Italia è uno dei Paesi fondatori e uno dei quattro protagonisti dell'Unione che sta cambiando la storia. È diventata all'improvviso un partner neghittoso, portato al rifiuto e all'insulto, improvvisamente ostile e pronta­mente osteggiato dagli altri «grandi», che hanno comin­ciato a riunirsi e a decidere da soli.

Difficoltà gravi e incomprensibili sono state create dal rifiuto di ratificare l'accordo sulle rogatorie intemazionali (che vuoi dire facilità e agilità nei rapporti fra i sistemi giudiziari dei vari Paesi membri) e da una oppo­sizione dunssima contro il mandato di cattura europeo. L'impressione di un governo che ha molto da temere e molto da nascondere si è subito diffusa. E hanno comin­ciato a sentirsi, in Europa, la voce e gli argomenti sgan­gherati della Lega nord. Stranamente i media italiani hanno fatto finta, per tutti questi mesi, che la sottocultu­ra parafascista della Lega (che ha pochissimi voti nel Paese ma un ruolo pesante nel governo) fosse niente altro che colore e folklore, la stravaganza di un paio di personaggi che, per disgrazia, sono anche il ministro della Giustizia e il ministro delle Riforme.

Ma quando quella voce ha cominciato a circolare per l'Europa, politici, giornali e cittadini del continente han­no notato con disagio il tono pesante, volgare, stonato. Tutti ricorderanno le accuse di pedofilia che, come se facesse quattro chiacchiere in un bar, il ministro italia­no Umberto Bossi ha lanciato e continua a lanciare contro il governo del Belgio.

Restava all'Europa - come a tanti italiani - una garanzia, quella di Renato Ruggiero ministro degli Esteri. Bossi, nel suo straparlare, lo aveva accusato di ispirarsi a questo giornale (intervista di due giorni fa al Corriere della Sera). Bossi non è m grado di accorgersi da solo che stava confrontandosi con la normalità culturale e con l'equilibrio personale e professionale di un uomo che si era assunto il compito di difendere l'onorabilità del Paese.

Avrebbe potuto, dovuto accorgersene Berlusconi? Del presi­dente del Consiglio, in questa storia sappiamo che ha lanciato subito una grande campagna contro la prostituzione di stra­da. Anche lui è più incline alle conversazioni al bar che alle grandi scelte politiche.

E sappiamo che al linguag­gio pacato, professionale e credi­bile di Renato Ruggiero, il presidente-manager-padrone ha pre­ferito il linguaggio volgare del meno presentabile dei suoi mini­stri. Forse perché la volgarità di Bossi è legata strettamente all'al­tra, quella del ministro della Giu­stizia che non bada a spese di reputazione pur di esonerare il suo premier da un normale pro­cesso per corruzione.

La scena è squallida, e ricor­da brutti momenti della storia. - A Palazzo Chigi il primo ministro non c'è. È in vacanza, e non e ci pensa neanche a tornare, nonostante la sua flotta privata e la sua flotta di Stato. È in Sardegna «a lavorare», ci viene detto da  giorni. Adesso la frase suona sprezzante. Il ministro degli Esteri  va ad annunciare le dimissioni e a consegnare un comunicato di poche parole (la parola più importante di quel comunicato è «interrompere») a una persona gentile, Gianni Letta, che però è un sottosegretario.

Che fine ha fatto (o che sen­so ha) il vice primo-ministro Fini, se non serve neppure a salvare un minimo di formalità burocratica del governo?

Vengono in mente due ragioni per queste pesantissime dimissioni.

La prima: ha vinto il peggio. Basta leggere ciò che scrive quasi ogni giorno «La Padania», il giornale di Bossi, sull'Europa, per sapere che stiamo davvero correndo il rischio di essere fuori, buttati ai margini da una grave perdita di prestigio. Per ragio­ni non comprensibili, anche dal punto di vista dei suoi interessi (che come si sa sono molti e in­trecciati con quelli dello Stato) Berlusconi preferisce presentare il lato oscuro della sua discutibi­le famiglia politica al resto dell'Europa.

La seconda ragione è che Ruggiero è stato fino ad ora il più popolare, il più apprezzato dei ministri in tutti i sondaggi, mentre gli altri, Berlusconi inclu­so, perdevano punti e favore.

Forse ce ne è una terza. Non abbiamo detto fino ad ora: la situazione è brutta, è pericolosa ma finché c'è l'Europa non c'è da temere?