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SENATO DELLA REPUBBLICA GRUPPO DEMOCRATICI DI SINISTRA – L'ULIVO Ufficio Stampa e Comunicazione www.senato.it/dsulivo/ |
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GIUSTIZIA: UN DIALOGO DIFFICILE CON CHI VUOLE LEGGI "SU MISURA" |
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Roma, dicembre 2001
Ad appena sei mesi dall’insediamento di Berlusconi a Palazzo Chigi, il tema della Giustizia appare centrale per comprendere e valutare l’operato del premier e del suo esecutivo.
L’azione di governo della Destra, che le promesse elettorali ed i primi annunci ufficiali volevano imperniata sull’economia e sulla messa a punto di misure per lo sviluppo, si è rivelata nel corso di questi mesi, profondamente condizionata dagli interessi personali del presidente del Consiglio e del suo entourage, dal loro rapporto con la giustizia, dall’ingombro di alcune loro vicende giudiziarie.
Solo in questa chiave possono essere letti i primi interventi legislativi in materia giudiziaria approvati, a dispetto della tenace opposizione parlamentare del centrosinistra: la nuova disciplina del falso in bilancio, che ha consentito il sostanziale annullamento di alcune pendenze giudiziarie del premier, la legge sulle rogatorie internazionali, che rende più difficoltosi il lavoro dei magistrati e la cooperazione giudiziaria internazionale, le norme per il rientro dei capitali illegalmente esportati all’estero.
Norme "su misura", che rispondono agli interessi di pochi, ma creano sdegno e preoccupazione nell’Italia intera.
Leggi profondamente anti-costituzionali ed anti-europee, cui ha fatto seguito una serie di altri inquietanti episodi: le gravi affermazioni rese nei confronti della magistratura da esponenti del governo come il sottosegretario Taormina e il ministro Castelli, l’incomprensibile atteggiamento dell’esecutivo sul mandato di cattura europeo, l’anticipazione di mettere mano in soli sei mesi ad una "rivoluzione copernicana" che potrebbe prevedere, tra l’altro, la dipendenza dei magistrati inquirenti dall’esecutivo. "Una precisa strategia – come ha commentato il segretario dei Democratici di Sinistra, Piero Fassino – che punta a travolgere la magistratura e le sue prerogative" e che sembra avere la precedenza, nei progetti e negli intendimenti dell’esecutivo, su interventi tesi a migliorare l’efficienza nell’amministrazione della Giustizia e dare piena attuazione alle molte riforme strutturali varate dai governi dell’Ulivo a volte anche con il consenso dell’opposizione di allora. Una per tutte, il gratuito patrocinio per i non abbienti.
"Decisioni ed orientamenti – come ben spiega un documento approvato dal Direttivo dei Democratici di Sinistra – in materia di legalità, uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, di statuto dei magistrati, che ledono fondamentali principi della Costituzione repubblicana e manifestano la volontà di modificare il nostro impegno costituzionale, isolano l’Italia dall’Unione europea, rendono più difficile e lenta la lotta alla criminalità, prefigurano un controllo politico della giustizia". "Comportamenti – prosegue il documento – che destano profondo allarme democratico e determinano perdita di autorevolezza ed isolamento del nostro Paese in Europa".
L’avvio di una stagione di riforme così incisive come quelle prospettate dalla Destra dovrebbe maturare in un clima di dialogo e di confronto costruttivo, ostacolato dai continui riferimenti del governo alla magistratura politicizzata. Occorre però, come ha sottolineato il presidente dei senatori Ds, Gavino Angius, "cercare un confronto vero. L’autonomia della politica e l’indipendenza della magistratura sono valori fondanti e costitutivi di qualsiasi democrazia. L’azione giudiziaria, da chiunque compiuta, al di sopra del valore dell’autonomia e della sovranità del parlamento. Dico che bisogna rispettare fino in fondo le regole. E lo si fa non brandendo la minaccia per scardinare principi stabiliti dalla Costituzione. Questo è sbagliato. Colgo nelle parole di Fini una posizione politica che non è quella dell’intera maggioranza, bastava ascoltare la violenza delle affermazioni del ministro Castelli in Senato".
LE LEGGI DELLA VERGOGNA
Il falso in bilancio (ovvero il perfetto conflitto di interessi)
Con la riforma del diritto societario e, in particolare, con la riscrittura delle norme sul falso in bilancio, governo e maggioranza hanno inaugurato una nuova stagione, quella delle "leggi su misura", progettate e volute per rispondere agli interessi di pochi, anzi pochissimi, il presidente del Consiglio in primo luogo. La Destra non ha mostrato nessuno scrupolo nel varare provvedimenti e adottare decisioni che hanno fatto discutere l’Italia e l’Europa intera. Pensiamo, oltre che al falso in bilancio, alle nuove leggi sulle rogatorie internazionali e sul rientro dei capitali, ma anche alle decisioni contraddittorie e poco trasparenti sul mandato di cattura europeo e sull’Olaf. Questi primi mesi del governo Berlusconi permettono di tracciare un bilancio poco lusinghiero del nuovo esecutivo e della nuova maggioranza che troppo spesso sono apparsi, e continuano ad apparire, troppo condizionati da interessi di parte e meno attenti al bene del Paese e dei cittadini.
In particolare, la nuova disciplina del falso in bilancio ha avuto l’effetto di annullare ben tre processi a carico di Berlusconi.
La nuova disciplina del falso in bilancio è una legge sbagliata, incostituzionale, ingiusta e dannosa, che risponde agli interessi di pochi, mentre va a scapito delle imprese italiane e della competitività e della credibilità dell’intero sistema economico e abbassa il livello della legalità nel nostro Paese. Se questa legge ha offerto soluzione ad alcune vicende giudiziarie di Berlusconi da una parte, dall’altra ha fatto dell’Italia il solo paese in Europa, in cui il falso in bilancio viene, in una certa misura, considerato legittimo e accettato.
La Destra ha fatto del reato di falso in bilancio un semplice "reato di danno", perseguibile dunque solo con una multa fin quando non comporta un danno patrimoniale per soci o creditori. E’ una innovazione iniqua e pericolosa, dal quale pochi (i soliti pochi) traggono vantaggio, Tutti gli altri, e l’intero sistema economico italiano, non hanno che da rimetterci: il falso in bilancio viene incentivato, le sanzioni sono attenuate, i controlli ammorbiditi, i risparmiatori penalizzati, le aziende indebolite.
Il perfetto conflitto di interessi
Il modo in cui la Destra ha confezionato ed approvato la nuova legge è esemplare del gigantesco conflitto di interessi in cui si trovano il governo italiano ed in particolare il presidente del Consiglio. Questa legge è anzi probabilmente, il caso perfetto di conflitto di interessi, oltre a costituire una macroscopica violazione dei principi elementari su cui poggia ogni democrazia. Il governo, infatti, invece di ricorrere ad un disegno di legge e lasciare quindi la materia al Parlamento, ha preferito ricorrere alla delega. Il Paese ha così potuto assistere ad un presidente del Consiglio che chiedeva al Parlamento una delega per poter legiferare su vicende che lo riguardavano direttamente, con l’obiettivo di chiudere i processi a suo carico e ottenerne l’annullamento, o sanzioni più favorevoli. Così facendo, il premier si è di fatto posto al di sopra delle leggi e del diritto, violando il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, sancito dalla carta costituzionale.
LE LEGGI DELLA VERGOGNA
Le rogatorie internazionali: come mandare il fumo il lavoro dei magistrati
e favorire quello dei criminali
La nuova legge sulle rogatorie internazionali è un altro provvedimento su misura, voluto con forza e determinazione dal governo e dalla sua maggioranza che, per approvarla in tempi record in Parlamento non ha esitato a comprimere in senso anti-democratico i tempi della discussione, calpestando i regolamenti parlamentari con ripetute violazioni, denunciate con forza dai gruppi dell’opposizione. La ratifica di un accordo giudiziario tra l’Italia e la Svizzera ha fornito alla destra l’occasione per varare nuove norme che azzerano anni di lavoro delle due diplomazie che a questo accordo avevano lungamente lavorato e che possono mandare in forse indagini contro la mafia, la criminalità organizzata, il terrorismo, la corruzione. Una legge che, come ha denunciato un autorevole magistrato straniero, può creare una "catastrofe giudiziaria", e di fatto costituisce un freno e un ostacolo alla lotta contro la criminalità.
Le nuove norme rendono inutilizzabili, quindi irrilevanti ai fini di un processo penale le prove acquisite all’estero da magistrati italiani qualora, in fase di trasmissione, vi sia anche una sola, lieve, irregolarità formale. Ad esempio, un timbro mancante. Nei giorni del dibattito parlamentare, i gruppi di opposizione avevano calcolato che la nuova legge avrebbe potuto compromettere 36 procedimenti per pedofilia, 279 per traffico d’armi, 398 per riciclaggio, 810 per associazione mafiosa, 1.045 per traffico di stupefacenti, e 1.278 per per corruzione (tra questi un processo con un imputato eccellente che risponde al nome di Cesare Previti).
E i processi cominciano a saltare
La nuova legge sulle rogatorie ha cominciato a dare i primi frutti già a poche settimane dalla sua entrata in vigore. In poco tempo, le nuove norme hanno provocato il rinvio di alcuni importanti processi, il procedimento in corso a Milano per i fondi neri dell’Eni, il procedimento a carico di Berlusconi per l’acquisto di Lentini da parte del Milan, due processi contro pericolosi boss della mafia e del contrabbando, Prudentino (uno degli assistiti dell’avvocato Taormina) e Cuomo.
LE LEGGI DELLA VERGOGNA
Il condono dei capitali esportati illegalmente:
un premio per i più furbi
Forse, quando dice di essere mosso dalla "forza di un sogno", Berlusconi allude all’idea di fare dell’Italia un paradiso fiscale, un po’ come le isole Cayman. Magari non per tutti, solo per pochi privilegiati. Sembra infatti questo il senso del decreto sul rientro dei capitali che consente a chi negli anni scorsi ha esportato illecitamente dei capitali di riportarli in Italia senza multe, con la garanzia di non subire futuri controlli fiscali e, come se non bastasse, con la protezione dell’anonimato. Introdotta con decreto legge, poi convertito in Parlamento con il voto favorevole della sola maggioranza, l’operazione "scudo fiscale" è stata attivata sin dal primo novembre 2001 per protrarsi fino all’intero periodo di doppia circolazione delle due monete, lira ed euro. Una vera e propria amnistia, incostituzionale e mascherata da condono, applicabile a tutti i capitali trasferiti fino all’estate (fino al 31 luglio 2001). Un’operazione a costo zero per gli evasori che devono limitarsi a presentare una semplice dichiarazione. Sarà sufficiente una semplice dichiarazione che rimarrà segreta, fatta ad un intermediario, perché l'esportatore di capitali sia totalmente immune da ogni controllo previdenziale, amministrativo, fiscale e penale. E ancora, la formulazione del testo non permette di accertare se la protezione fiscale riguardi solo i rendimenti e i capitali rimpatriati o comunque regolarizzati o qualunque altro tipo di violazione fiscale commessa negli ultimi 5 anni.
Di più, ci si può mettere in regola anche senza far rientrare i capitali in Italia e pagando una ammenda.
Non si tratta solo di una legge ingiusta ed iniqua, ma anche tecnicamente poco chiara e tale da prestarsi ad interpretazioni ambigue. Con una lettura estensiva della legge, infatti, il contribuente potrebbe essere considerato al riparo non solo dagli accertamenti relativi alle somme esportate, ma anche da qualsiasi altra verifica del fisco.
Ingiusto, iniquo, progettato su misura di pochi ricchi evasori, il decreto, che il Parlamento ha convertito in legge grazie al voto compatto della maggioranza di destra, è anche gravemente incostituzionale. Al contrario di quanto prescrive l’articolo 77 della Costituzione, il provvedimento interviene su tre distinti settori d'intervento assolutamente non omogenei tra loro: alla regolamentazione dell'introduzione dell'Euro, sono affiancati lo scudo fiscale per il rientro dei capitali dall'estero e la cartolarizzazione della vendita degli immobili. E’ legittimo il ricorso al decreto e alla procedura d'urgenza per quanto attiene all'Euro, del tutto incostituzionale invece la pretesa di usare lo strumento del decreto per le altre due parti del provvedimento. Altro elemento di incostituzionalità è l’amnistia che di fatto viene introdotta senza ricorrere, come richiede la carta costituzionale, ad una legge speciale approvata dal Parlamento a maggioranza qualificata.
Anche con questo provvedimento il governo ammicca a quella parte del Paese che fa della "furbizia" e del disprezzo delle regole il suo motto e il suo stile di vita, mentre nega a tutti gli altri la restituzione del fiscal drag e la riduzione delle imposte delle famiglie.
LE DIMISSIONI DI TAORMINA
Un successo delle opposizioni
Carlo Taormina è un avvocato affermato cui capita di difendere, come spiega lui stesso, "presunti innocenti", anche se imputati di mafia, anche se imputati in processi in cui lo Stato si è dichiarato parte civile. Da sottosegretario agli Interni non ha nemmeno accennato a rinunciare a incarichi professionali a dir poco incompatibili con le nuove funzioni istituzionali.
Ancora, da sottosegretario non ha lesinato dichiarazioni dal contenuto gravissimo e dal sapore intimidatorio, sulla magistratura, affermando in più occasioni che i magistrati italiani meritano di essere processati e condannati per le loro indagini. Una lunga serie di parole e affermazioni pesanti, pronunciate senza che sia mai seguita una smentita o una presa di distanza da parte del governo. Per questo l’opposizione ha chiesto, ed ottenuto, le dimissioni di Taormina, un sottosegretario che nessun altro paese civile avrebbe accettato in un posto di governo.
Al successo del centrosinistra non ha fatto seguito, però, un vero confronto con il governo che prima si è sottratto ad una discussione su questo caso e poi ha fatto proprie le allarmanti e inaccettabili tesi di Taormina, utilizzandole per cercare lo scontro con la magistratura e le opposizioni. La notizia della rinuncia all’incarico, smentita fino all’ultimo dal diretto interessato, viene data in Senato dal ministro Scajola solo per offrire al ministro della Giustizia l’opportunità di una lunghissima requisitoria contro la magistratura.
Alcuni dei clienti di Taormina
Non sbaglia, l’avvocato Taormina, quando dice che fin quando una sentenza non prova il contrario i suoi assistiti sono "presunti innocenti". Alcuni di loro, però hanno curriculum di tutto rispetto nel campo della criminalità organizzata, tali da spingere lo Stato a costituirsi parte civile contro di loro. E il caso di Prudentino, boss del contrabbando, come di alcuni membri del clan mafioso dei Catalano.
Ipse dixit: il Taormina pensiero, frase per frase, polemica per polemica
26 giugno - ''La meravigliosa macchina da guerra della magistratura di sinistra si e' rimessa in moto'' e ''Mi pare che il partito dei giudici si stia riassestando sulle vecchie posizioni. Partendo da quella fonte che si individua chiaramente in Violante e si ricollega a Magistratura democratica''.1 luglio - Dopo la sentenza sulla strage di piazza Fontana:''si sta riscrivendo la storia d' Italia con lapenna rossa'' e ''I processi d'appello sono la piazza privilegiata per il rilancio dell'offensiva del partito dei giudici''.
10 agosto - Chiede un' azione disciplinare del Guardasigilli per il procuratore generale di Milano Francesco Saverio Borrelli che ''merita piu' di D'Ambrosio le attenzioni del ministro della Giustizia perche' esprime la 'certezza che l'improvvido proposito censorio del ministro non avra' alcun esito', cosi' ridicolizzando un esponente del governo e facendo intendere di essere nella condizione di paralizzare la iniziativa disciplinare perche' 'certo' che 'non avra' esito'; come se egli disponga di una rete, che passa per la procura generale della cassazione e per il Csm, organi deputati all'esercizio del potere disciplinare, attraverso la quale tranquillizzare D'Ambrosio''.
3 settembre - ''La magistratura si deve rendere conto che appartiene alla dialettica dello Stato. E alla dialettica del controllo che sullo Stato tutti i cittadini debbono poter esercitare. Questo richiamo alla autonomia a indipendenza della magistratura, che e' diventato un motivetto alquanto consumato, e' un richiamo con il quale si ritiene ogni volta di chiudere la bocca a chiunque si permette di criticare''.
6 ottobre - ''Mi auguro che il pensionamento del procuratore di Milano arrivi presto, cosi' smette di parlare sopra le righe, e sempre e soltanto su certi processi. Guardi l'ultima sortita di Borrelli sulle rogatorie e sul caso Previti: se c'e' un ufficio giudiziario che non e' nella condizione di mandare avanti serenamente questi processi e' proprio quello di Milano. E' una questione che prima o poi dovra' essere affrontata''.
21 ottobre - ''Esagero se chiedo a Berlusconi di sorreggere il ministro Castelli se un giorno mandasse a casa quei 10-20 (forse di piu') magistrati che hanno negli anno '90 hanno infestato l'Italia e sono pronti a farlo nel 2000?''.
29 ottobre - Propone una ''commissione bicamerale affinche' il Parlamento possa controllare sistematicamente e permanentemente l'operato della magistratura''.
8 ottobre - ''Si cominci a mettere in fila i nomi dei magistrati che hanno sbagliato a Milano, a Palermo, a Roma e Perugia e cosi' via e siano immediatamente processati''.
17 novembre - con l' ordinanza emessa dal Tribunale di Milano nel processo Sme-Ariosto ''sono stati commessi reati gravissimi. Si va in galera per molto meno'' e chiede che sia sottoposto al vaglio penale ''un provvedimento giudiziario che e' in contrasto con tutto l' ordine costituzionale''.
IL GOVERNO DI PINOCCHIO: UN PO’ DI BUGIE, TANTA DEMAGOGIA
E UNA MANCIATA DI PROGETTI PERICOLOSI
Le riforme che la Destra ha in mente
E’ proprio nel giorno delle dimissioni di Taormina che Castelli, nell’aula di Palazzo Madama, si appropria delle parole del sottosegretario agli Interni e alza il tiro. In diretta televisiva, contro ogni principio della prassi parlamentare e del confronto politico, invece di fornire spiegazioni sui comportamenti del sottosegretario dimissionario, il ministro della Giustizia si impegna in un lungo e demagogico attacco contro due obiettivi: le opposizioni da un lato e la magistratura dall’altro. Alle prime si rimprovera di non aver saputo sanare le inefficienze della giustizia (ma in altri ambienti aveva sostenuto proprio il contrario), mentre la "magistratura politicizzata" viene accusata di aver voluto fare politica e cambiare il corso della storia a colpi di sentenze.
In realtà, tra infinite inesattezze e contraddizioni, le parole del ministro hanno un solo traguardo: preparare il terreno ad una drastica riforma del settore. Sei mesi, questo l’arco di tempo che si prefigge il premier per mettere mano ad una serie di provvedimenti che costituiranno una "rivoluzione copernicana", destinata a rendere la giustizia più efficiente e, possibilmente, più docile nei confronti di governo e parlamento, ovvero del potere politico. Un arco di riforme ampio, illustrato da una mozione presentata a Palazzo Madama dalla maggioranza e posta in votazione dopo le comunicazioni del ministro della Giustizia. Tra queste la revisione del principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale, la riforma del metodo elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura in modo da evitare il prevalere delle correnti, l’introduzione di parametri di valutazione dell’efficienza dei magistrati. Non a caso, l’adesione al mandato di cattura europeo, accettata solo su pressione delle istituzioni comunitarie e delle opposizioni, sarà condizionata alla revisione di alcuni principi costituzionali in materia di giustizia.
La rivoluzione "copernicana": efficienza, managerialità,
e giudici dipendenti dall’esecutivo
E nel mirino della riforma, come dimostra l’elenco dei provvedimenti che la Destra si accinge a mettere a punto, ci sono proprio i giudici, di cui la Destra parrebbe voler ridurre l’autonomia, considerata un’anomalia tutta italiana.
Ecco i punti salienti della riforma che la Destra vuole varare per la Giustizia:
Introduzione di forme extragiudiziali nella soluzione delle controversie civili;
Separazione delle funzioni tra giudici e pm;
Verifiche periodiche sulla quantità e la qualità del lavoro dei magistrati ai fini della carriera;
Un nuovo sistema elettorale per il Csm;
Attribuzione della materia disciplinare nei confronti dei magistrati ad un apposito organo elettivo (ora competenza esclusiva del Csm);
Temporaneità delle funzioni direttive;
Attenuazione dell’obbligatorietà dell’azione penale, sostituita da un elenco di reati prioritari fissato dal Parlamento su proposta del Guardasigilli e del procuratore generale della Cassazione;
Netta distinzione organizzativa e funzionale dell’attività di polizia giudiziaria dall’attività inquirente de pubblico ministero;
Attribuzione ad un collegio di giudici delle decisioni in materia di privazione della libertà personale
La riforma del Codice Penale.
La protesta dell’Associazione Nazionale Magistrati
Le parole del ministro e il progetto di riforma delineato nella mozione di maggioranza, provocano una seria protesta da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati, la cui Giunta, con un gesto che non ha precedenti, decide di dimettersi. La reazione della magistratura è rivolta, da una parte, alle pesanti accuse di politicizzazione del proprio operato, dall’altro all’ipotesi di provvedimenti tesi a sottoporre l’azione dei pubblici ministeri al controllo del potere politico. Sulla mozione di maggioranza, inoltre, si pronuncerà il Consiglio Superiore della Magistratura.
Castelli (in Senato, 4 dicembre 2001): "Abbiamo ereditato un sistema al collasso"
La Giustizia italiana non è che "un sistema al collasso", scandisce Castelli, affermando di aver trovato "un Ministero azzerato", ricordando che l’opinione pubblica non ha fiducia della giustizia ed è "profondamente insoddisfatta" della giustizia. "Un cittadino italiano per vedersi riconosciute le proprie ragioni in un processo civile deve attendere mediamente 119 mesi", tuona in Senato per proseguire: "possiamo ben dire che l’Italia non è oberata soltanto dall’enorme debito pubblico finanziario; esiste anche quello che non esito a definire debito pubblico giudiziario".
Castelli (a Strasburgo, settembre 2001): "la giustizia italiana è più veloce e moderna" (grazie alle riforme dell’Ulivo)
Non sembra proprio lo stesso Castelli che neanche due mesi prima, preparando una relazione ("Rapporto completo 2001" sulla eccessiva durata dei procedimenti giudiziari in Italia, ministero della Giustizia, sett. 2001) alle istituzioni comunitarie sulla lunghezza dei processi, scriveva di "progressi compiuti grazie alle importanti riforme del sistema giudiziario italiano", di una "profonda modernizzazione strutturale del sistema giudiziario nel cui ambito sono state citate, tra l’altro l’introduzione nella Costituzione italiana dell’articolo 6 della Convenzione, la realizzazione e la ripartizione delle competenze tra la giurisdizione civile e amministrativa, l’accresciuta utilizzazione del giudice unico, la creazione del giudice di pace e la prospettata estensione della sua competenza nel campo dei reati minori", "la creazione delle sezioni stralcio per la definizione dei processi pendenti", ma anche la nuova legge sull’equa riparazione per la lunghezza dei processi, l’informatizzazione dei processi. Tutte riforme elaborate e volute dai governi dell’Ulivo che, nella relazione del ministro venivano definite come "strutturali" e "strategiche" per il sistema giudiziario italiano e che permettevano di registrare "i primi segnali di una tendenza positiva".
In realtà, i progressi, seppure graduali, sono oggettivamente quantificabili e parlano di una giustizia gradualmente ma progressivamente più efficiente, di processi che diventano man mano un po’ più veloci (lo stesso Castelli riferisce all’Unione europea, nel rapporto sopracitato che la durata media di un processo è scesa a 3,47 anni contro i precedenti 4,63).
Ma in Finanziaria Tremonti taglia le risorse per la Giustizia
Negli anni che hanno visto al governo il centrosinistra, la spesa per la giustizia è aumentata del 40%, passando dai 7.456,5 miliardi stanziati per l’anno 1995 agli 11.734,7 stanziati per il 2001.
I governi dell’Ulivo hanno introdotto riforme strutturali, i cui positivi effetti possono dispiegarsi in un periodo di tempo medio- lungo, tese a migliorare la macchina della Giustizia: tra queste l’istituzione del giudice unico, che ha permesso di sopprimere 568 tra preture e procure minori; l’ampliamento delle competenze del giudice di pace; un più ampio ricorso ai riti semplificati; la riorganizzazione delle circoscrizioni giudiziarie; l’istituzione dei tribunali metropolitani; l’istituzione delle sezioni stralcio per smaltire i procedimenti arretrati; l’incremento della dotazione di personale amministrativo nella misura del 12%; l’approvazione di una legge che dispone l’assunzione con concorso di 1.000 magistrati in più.
L’esecutivo di Destra, che con clamore ha denunciato in Senato il "collasso" del sistema giudiziario ha invece deciso di sottrarre risorse ai servizi della Giustizia che subisce nella Finanziaria 2002 una complessiva riduzione di stanziamenti. Una significativa inversione di tendenza rispetto a quanto si è verificato negli ultimi anni che contraddice le buone intenzioni annunciate dal governo nel suo programma e le promesse di Castelli per una "rivoluzione della Giustizia, incentrata su "più efficienza della macchina, più managerialità, innovazione, processi più rapidi".
Al contrario, le riduzioni decise dal governo compromettono seriamente l’attuazione di molte buone riforme approvate dall’Ulivo nella scorsa legislatura, a volte anche con il concorso del centrodestra, tra queste il gratuito patrocinio per i non abbienti e la legge sulla competenza penale del giudice di pace.
Tenendo conto della classificazione per funzioni-obiettivo, gli stanziamenti corrispondenti alla voce ordine pubblico e sicurezza subiscono una contrazione, rispetto alle previsioni assestate, di circa 50 milioni di euro. Gli stanziamenti per la prevenzione della devianza e la risocializzazione dei minori subiscono una riduzione di più di 11 milioni di euro. Solo a partire dal 2004, infine, il governo prevede la possibilità di nuovi stanziamenti nel settore delle carceri.
A nulla è valsa la sollecitazione dei Democratici di Sinistra che in Parlamento hanno presentato numerosi emendamenti, tutti respinti dalla maggioranza, per spingere il governo a rivedere le sue decisioni.
Le riforme varate dai governi dell’Ulivo per una Giustizia più rapida e certa
In cinque anni di governo il centrosinistra ha lavorato per elaborare riforme in grado di restituire efficienza alla Giustizia e offrire risposte ai cittadini. La durata dei processi, la mancanza di certezza delle pene, sono tra i mali maggiori della giustizia italiana.
L’Ulivo si è impegnato in primo luogo per aumentare le risorse finanziarie dedicate a questi servizi. Quelle che seguono sono le più importanti riforme approvate dai governi di centro-sinistra.
La riforma del processo |
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La riforma dell’ordinamento giudiziario |
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Adeguamento degli organici e strutture più moderne |
Interventi rilevanti sul personale sono stati adottati per adeguare gli organici alle esigenze di una giustizia più certa e più rapida:
Per modernizzare l’amministrazione della Giustizia, sono state rinnovate le dotazioni degli Uffici:
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La lotta alla criminalità |
Sono state approvate alcune misure legislative tese a offrire più sicurezza ai cittadini:
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Il voltafaccia della Lega da "Roma ladrona" a "giù le mani dai politici".
C’ erano una volta dei leghisti che avrebbero impiccato in piazza i politici ladri, affamati di corruzione e tangenti. E non avevano paura di farlo sapere, anche esibendo per protesta dei cappi nelle aule del Parlamento, né risparmiavano ingiurie nei confronti di "Roma ladrona". C’erano una volta, non ci sono più. Ora c’è Castelli (comunicazioni del ministro in Senato, 4 dicembre 2001), ministro della Giustizia leghista che dai banchi del governo dell’aula di Palazzo Madama ha accusato la magistratura, di aver voluto "ribaltare per via giudiziaria il verdetto popolare", protetta da "un’immunità costituzionale che altera la parità dei poteri voluti dalla Costituzione". Un ministro che parla di "sottomissione del pubblico ministero all’Esecutivo" e incalza, "la magistratura dev’essere indipendente dal potere politico, ma quest’ultimo dev’essere al riparo dagli attacchi strumentali che la magistratura politicizzata gli voglia eventualmente portare". Un ministro che accenna ad un "problema dell’articolo 68 della Costituzione", come a chiedere per chi fa politica, immunità più ampie.
Un Csm "docile" e senza correnti
Una delle riforme prospettate dalla maggioranza è già depositata in un disegno di legge del governo. Nero su bianco, il progetto si prefigge di ridisegnare un Csm senza correnti, ovvero di ridisciplinare le modalità di elezione dell’organo di autogoverno della magistratura, norme tese a disegnare un Consiglio Superiore più tecnico, sgombro da correnti scomode, possibilmente più docile nei confronti dell’esecutivo e del Parlamento. Eliminate le correnti, però, che sono valide portatrici di tradizioni e storia, gli elettori non potranno più valutare e scegliere il proprio candidato in base al suo programma. Gli indipendenti, o i singoli, come li chiama Castelli, avranno certo maggiore spazio, ma ad essere premiata caso sarà solo la visibilità, mediatica e personale, del candidato. Viene meno, nel progetto del governo, quel meccanismo di riconoscibilità tra elettore ed eletto che una lista consente, quel meccanismo che consente di accordare il proprio voto a un candidato in base a progetti, opinioni e programmi.
IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA |
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LE ELEZIONI: |
LE ELEZIONI: |
LE ELEZIONI: la proposta del gruppo Ds |
Sino ad oggi le varie correnti della magistratura presentavano proprie liste elettorali con indicazione di programmi e candidati. L’elezione avveniva con sistema proporzionale. |
Non ci saranno più liste e candidati. Ognuno potrà presentarsi e correre da solo. Gli aventi diritto voteranno per un collegio unico nazionale esprimendo la propria preferenza su tre schede: una per i giudici, una per i pm, una per i magistrati di Cassazione. Risulta eletto chi ottiene più voti. |
Si propone di non abolire le correnti ma di creare le
condizioni per favorire la candidatura e l’elezione di indipendenti.
Questi i punti principali: 1) la riduzione, solo per gli indipendenti, del
numero delle firme necessarie alla presentazione delle candidature; |
LA COMPOSIZIONE: legislazione vigente |
LA COMPOSIZIONE: |
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Il Csm è presieduto dal Presidente della Cassazione, ne è vicepresidente il procuratore generale della Cassazione. Vi fanno parte inoltre 10 laici eletti dal Parlamento, 18 magistrati |
Presidenza e vicepresidenza, attribuite rispettivamente al presidente della Cassazione e al procuratore generale della Cassazione, rimangono invariate. Dieci laici sarebbero eletti dal Parlamento come già accade, i restanti magistrati sarebbero divisi tra 4 pubblici ministeri e 14 giudici. |
IL BARATTO SUL MANDATO DI CATTURA EUROPEO
Sì all’accordo, in cambio stravolgiamo la Costituzione
Europei sì, ma un giorno sì e un giorno no. O meglio, a seconda delle convenienze. Se, ad esempio, si tratta di giustizia, occorre distinguere e, se è il caso prendere posizioni diverse. E’ quanto è accaduto con il mandato di cattura europeo, sul quale il governo ha puntato i piedi fino all’ultimo, determinata a non aderire alla decisione quadro della Commissione europea se non per pochi reati, sei contro i trentadue su cui si trovavano d’accordo tutti e quattordici partner europei. Era impensabile, per Castelli, Scajola e Berlusconi, che l’ambito di applicazione del mandato potesse venire esteso ai reati economici e finanziari come il riciclaggio, la corruzione, le frodi.
Solo la prospettiva di un grave isolamento a livello comunitario, la pressione dei partner europei e dell’opposizione interna, ha infine costretto il governo a dire sì. Non un sì incondizionato, piuttosto un baratto, uno scambio che permette di far decollare il mandato di cattura europeo introducendo significative riforme costituzionali in materia di giustizia. L’adesione italiana è stata subordinata a modifiche di principi della Costituzione incompatibili con l’entrata in vigore del nuovo strumento comunitario. Quali siano non è stato detto con chiarezza, ma alcune dichiarazioni del ministro del Castelli permettono di capire che oggetto del baratto saranno probabilmente due principi: l’obbligatorietà dell’azione penale e l’indipendenza dei pubblici ministeri di fronte all’esecutivo, che col mandato europeo non hanno nulla a che fare. Se le riforme costituzionali non saranno possibili, però, il mandato di cattura europeo, almeno per quanto riguarda l’Italia, non entrerà mai in vigore.
Come spiega il comunicato finale che ha sancito l’adesione italiana, questa viene subordinata infatti alla modifica di quei punti della Costituzione che renderebbero incompatibile con l’ordinamento italiano lo strumento proposto dalla Unione Europea: "Il governo italiano – si legge nel testo – dovrà avviare le procedure di diritto interno per rendere la stessa decisione stessa compatibile con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale in tema di diritti fondamentali e per avvicinare il suo sistema giudiziario e ordinamentale ai modelli europei, nel rispetto dei principi costituzionali".
Quali riforme costituzionali varare, in quali tempi e con quali priorità, come, concretamente rendere operativo l’accordo stretto con l’Ue, sono tutti punti che il governo ha lasciato in sospeso. Di chiaro, fino ad ora ci sono solo le ripetute contraddizioni con cui la Destra ha motivato il suo ‘no’. Prima era una questione di reati. L’accordo non poteva che riguardare, sostenevano, solo i reati più gravi, come il terrorismo, dicevano, potevano rientrare nell’ambito dell’accordo. Quindi, una questione di garanzie dei cittadini. Col mandato di cattura europeo si creava un regime da "Forcolandia" in cui ognuno avrebbe dovuto guardarsi dalle insidie e dagli attacchi di magistrati di tutta Europa. E poi, ancora, una questione di tempi: la complessità della materia è tale, dicevano, da suggerire un approccio più graduale e quindi il rinvio dell’entrata in vigore del mandato al 2004. Infine, una questione di compatibilità con la nostra Costituzione. O l’uno o l’altra, è stata la linea della Destra che si è convinta ad aderire all’accordo comunitario solo con la prospettiva di riscrivere "su misura" alcuni principi costituzionali in materia di giustizia.
Cos’è il mandato di cattura europeo
E’ previsto da una decisione-quadro (COM 2001/522) proposta dalla Commissione europea per sostituire le procedure di estradizione fra gli stati membri per i 32 reati per cui e' prevista la sua applicazione. L'obiettivo e' quello di favorire la lotta al terrorismo ed ai crimini transnazionali accelerando i tempi dell'azione giudiziaria. Perché diventi operativo occorrono il consenso unanime di tutti e quindici i paesi appartenenti all’Unione o, in alternativa, il ricorso al meccanismo della cooperazione rafforzata tra un numero ristretto di Stati. La sua entrata in vigore, fissata al 2004, potrebbe venire rinviata al 2008. Il mandato e' applicabile nei casi in cui la pena detentiva massima sia di almeno 3 anni nel paese che emette il mandato. Alcuni paesi hanno ottenuto delle deroghe particolari, per l'Italia, ad esempio il mandato Ue non si dovrebbe applicare a fatti anteriori alla sua entrata in vigore. Deroghe sono previste per Austria, Portogallo, Grecia e Germania. Altre clausole potrebbero essere previste per l'Italia in ragione delle incompatibilità con la nostra Costituzione eccepite dal governo.
In base al principio del riconoscimento reciproco, i paesi della Ue si impegnano ad eseguire le decisioni giudiziarie emesse da un altro Stato membro. Se un sospettato e' acconsente alla sua estradizione, potra' svolgersi in non piu' di dieci giorni. In caso di resistenze, e' fissato un termine massimo di 60 giorni per consegnare il sospetto, che può arrivare a 90 in situazioni eccezionali.
- LISTA DEI REATI: sono 32 i crimini ai quali si potrà applicare il mandato comune: partecipazione ad un'organizzazione criminale; terrorismo; tratta di esseri umani; sfruttamento
sessuale dei bambini e pornografia infantile; traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope; traffico illecito di armi, munizioni ed esplosivi; corruzione; frode (compresa quella
che lede gli interessi dell'Ue); riciclaggio di proventi di reato; falsificazione e contraffazione dell'euro; criminalita', informatica; criminalita' ambientale (compresi traffico illecito
di specie animali protette e di specie ed essenze vegetali protette); favoreggiamento dell'ingresso e del soggiorno illegali; omicidio volontario, lesioni personali gravi; traffico
illecito di organi e tessuti umani; rapimento sequestro e presa di ostaggi; razzismo e xenofobia; furti organizzati o con l'uso di armi; traffico illecito di beni culturali (compresi
artigianato ed opere d'arte); truffa; racket ed estorsioni; contraffazione e pirateria in materia di prodotti; falsificazione di atti amministrativi e traffico di documenti falsi; falsificazione di mezzi di pagamento; traffico illecito di sostanze ormonali; traffico illecito di materie nucleari e
radioattive; traffico di veicoli rubati; stupro; incendio volontario; reati rientranti nella competenza della Corte penale Internazionale; dirottamento di aereo o nave; sabotaggio.
Per fare chiarezza
Il mandato di cattura europeo si propone come un meccanismo che facilita la cooperazione giudiziaria tra i paesi Ue semplificando i rapporti tra le autorità giudiziarie e proponendosi come valida alternativa all’estradizione, più lunga, complessa e onerosa. Di fatto, l’estradizione, che comporta l’intervento di governi e diplomazie, ha luogo oggi con le stesse modalità sia tra stati europei sia in rapporti con stati extracomunitari, come ad esempio il Canada o l’Argentina, senza tener conto della libertà di circolazione delle persone all’interno di tutti e quindici i paesi dell’Unione. Non solo lunga, complessa e costosa, l’estradizione si può rivelare, se i delinquenti possono spostarsi liberamente da un paese ad un altro, anche inefficace. Nell’ambito della giustizia, dunque, permangono frontiere, (parzialmente superate dal mutuo riconoscimento delle sentenze civili) che non trovano corrispondenza nel principio della libera circolazione di servizi, persone e cose. L’esigenza di non frapporre ostacoli all’esecuzione dei provvedimenti giudiziari trova già attuazione in un accordo siglato da Italia e Spagna riguardante prevalentemente terrorismo e mafia. Non è vero che un magistrato di un paese potrà indagare indiscriminatamente sugli altri, dal momento che la proposta della Commissione non modifica i limiti delle competenze dei giudici.
Il mandato è stato menzionato come prioritario nella strategia dell'Unione europea in materia di prevenzione e controllo della criminalità organizzata (raccomandazione 28) che prevede che la Commissione debba presentare proposte per "l'estradizione accelerata dei condannati che si sottraggono alla giustizia". Essa prospetta "la possibilità a lungo termine di creare un unico spazio giuridico europeo per l'estradizione" e raccomanda di esaminare in questo contesto "la questione dell'estradizione conseguente a procedimenti contumaciali, sempre nel pieno rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo". Nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere (1999), si ritiene che "la procedura formale di estradizione debba essere abolita tra gli Stati membri. Per quanto riguarda l’ambito applicativo del mandato, l’articolo 29 del Trattato di Amsterdam prevede che la cooperazione in materia di giustizia tra i paesi dell’Ue si esplichi anche nell’ambito del riciclaggio, della corruzione e dei reati economici e finanziari. Questi dunque, al contrario di quanto sostenuto inizialmente dal governo, sarebbero legittimamente inclusi nella lista che ne definisce l’ambito di applicazione, mentre la proposta "minimalista" avanzata dal governo Berlusconi sarebbe in contrasto proprio con il Trattato di Amsterdam. Proprio sul tipo di reati, e non sui tempi di introduzione del mandato, né sul capitolo delle garanzie, si sarebbero incentrate le obiezioni iniziali dell’esecutivo italiano. I problemi di garanzia sollevati dal mandato di cattura europeo possono essere considerati pari a quelli attinenti l’estradizione che, tuttavia, implica procedure più lunghe e onerose. Grazie al mandato, le autorità giudiziarie dialogano direttamente tra loro, riducendo i tempi, senza però modificare le procedure interne a ciascuno Stato.
L’opinione della stampa estera
Financial Times 6/12/2001: "L’Italia è l’ostacolo più grosso" all’approvazione del provvedimento.
Financial Times 7/12/2001: "L’Italia blocca il mandato di arresto europeo, misure che avrebbero grandemente rafforzato l’arsenale dell’Unione Europea contro il terrorismo e il crimine organizzato".
Liberation 7/12/2001: "Una strategia rischiosa per Berlusconi che sarà sotto la massima pressione da parte dei suoi omologhi. L’isolamento in Europa rischia di apparire in tutta la sua crudezza. Il timore di Berlusconi è che nasca un’internazionale dei giudici a favore del mandato d’arresto europeo". "Roma vuole svuotare della sua sostanza il mandato d’arresto europeo".
The Times 7/12/2001: "L’Italia blocca gli accordi sul mandato europeo"
The Independent 7/12/2001: "L’Italia affonda il piano Ue contro il terrorismo"
ABC 7/12/2001: "Cui prodest?", titola il quotidiano spagnolo, che scrive: "le reticenze italiane non hanno niente a che vedere con il terrorismo, ma bensì con la repressione di altri delitti (frode, corruzione, lavaggio di denaro sporco) dei quali il primo ministro Berlusconi non vuole sentire parlare" (..) "è triste e ingiusto che le prospettive personali e il futuro di un solo cittadino europeo possano passare prima degli altri 377 milioni".
El Mundo: 7/12/2001: (Berlusconi) "dimostra una totale mancanza di solidarietà verso chi cerca di armarsi legalmente contro un terrorismo che non conosce frontiere".
El Pais 7/12/2001: "una chiara manovra per proteggere Berlusconi e alcuni suoi collaboratori". Il "no" dell’Italia ad un ampio mandato d’arresto europeo è "una scommessa arrischiata" per Berlusconi, anche perché "arriva in un contesto di crisi tra magistratura e governo sulla riforma della giustizia". Il giornale si riferisce anche alla legge sulle rogatorie, che "in nome di una migliore garanzia di diritti", "si rivela fortemente intrisa di una cultura dell’impunità che nessun partner europeo può accettare".
Le Monde 7/12/2001: "L’Italia si sta mettendo al bando dell’Unione europea?
Washington Post 8/12/2001: "Solo l’Italia rifiuta il piano Ue", opponendosi ad una lotta importante per la lotta contro il terrorismo.
El Mundo 8/12/2001: La scelta di Berlusconi "ha causato grande indignazione nel resto della Ue", bloccando la definizione di misure importanti per combattere reati gravi. "Il governo Aznar dovrebe premere quanto possibile sul suo socio italiano, col quale è stato sinora troppo compiacente". L’articolo cita anche la legge sulle rogatorie e aggiunge "contro Berlusconi ci sono cause in Italia, Svizzera e Spagna".
BBC 8/12/2001 : "L’Italia sotto i riflettori, mai così isolata". Quella del mandato di cattura europeo non è una norma come le altre, ma la pietra angolare delle misure antiterrorismo dell’Unione". "Ci sono sospetti che le obiezioni italiane siano motivate dalle preoccupazioni personali del premier Berlusconi".
El Pais 9/12/2001: "Cosa nasconde Berlusconi?", "Con i suoi quarant’anni di carriera imprenditoriale, Berlusconi è giunto al governo con forse troppi scheletri nell’armadio. E allora il dubbio, più che legittimo è su quale avrebbe potuto essere oggi il suo destino senza la sua squadra di avvocati". L’articolo cita anche le indagini condotte in Spagna dal giudice Baltasar Garzon su Telecinco per poi tornare al tema del mandato di cattura europeo e concludere "il cavaliere insiste che a dire che sta difendendo unicamente gli interessi dell’Italia".
Suddeutsche Zeitung, 11/12/2001: "Sia in Italia che in Europa la lotta di Berlusconi contro la legge è motivata da considerazioni personali".
Le Monde 11/12/2001: "L’Europa si esaspera per il ruolo di cavaliere solitario di Silvio Berlusconi"
New York Times 11/12/2001: "Il premier italiano scatena una tempesta opponendosi al progetto del mandato di cattura europeo"- "Per la prima volta c’è autentica costernazione in Italia per una politica di governo che persino alcuni sostenitori del primo ministro Silvio Berlusconi vedono come un tentativo per aiutarlo a sfuggire ai suoi continui problemi con la giustizia".
El Mundo 11/12/2001: Il fatto che "quattordici paesi siano disposti ad approvare il mandato di cattura europeo è un progresso enorme, inimmaginabile fino a quattro mesi fa".
UN DIALOGO DIFFICILE
La Destra invita a moderare i toni, ma continua gli attacchi
Un dialogo per le riforme e l’invito a smussare i toni all’interno di entrambi gli schieramenti politici, questo l’invito che la Destra periodicamente rivolge alle opposizioni per farlo seguire immancabilmente da una doccia fredda di nuovi attacchi e nuove invettive alla magistratura.
L’appello di Borrelli a Ciampi
La campagna di delegittimazione della magistratura prosegue con l’aiuto di alcune testate vicine alla compagine di governo, "Panorama" e "Il Giornale", che scrivono di alcune presunte riunioni di magistrati (I due giornali vicini alla famiglia Berlusconi: Ilda Boccassini, Carla Dal Ponte, procuratore presso il Tribunale Internazionale dell’Aja, l’europarlamentare Elena Paciotti e il magistrato spagnolo Carlos Castresana. La vicenda è stata smentita in modo puntuale da ognuno di loro) che si sarebbero tenute a Lugano per "cospirare" contro Silvio Berlusconi.
"Un’abietta e totale menzogna", ha replicato Borrelli (14 dicembre 2001), chiedendo al Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi di intervenire a tutela dell’onorabilità e del prestigio dei magistrati. Una montatura che avrebbe l’obiettivo di far apparire la magistratura milanese come "cospiratrice in una sorta di intrigo internazionale contro il presidente del Consiglio", ma "talmente colossale – osserva Borrelli - che non può non essere conosciuta come tale anche da chi l’ha pubblicata, sebbene al momento rimanga relativamente oscuro il fine di tale pubblicazione, al di là del generico obiettivo di gettare manate di fango sulla magistratura in genere e su Ilda Boccassini (espressamente citata da Panorama e dal Giornale), che rappresenta la pubblica accusa nei processi agli onorevoli Silvio Berlusconi e Cesare Previti".
Berlusconi (a Laeken, 15 dicembre 2001): in Europa una
"internazionale giacobina"
E’ tanto per smorzare le polemiche che al vertice Ue di Laeken Silvio
Berlusconi mette in guardia i partner europei dal pericolo che costituisce una
giustizia politicizzata. "Attenti – dichiara – perché anche in Europa
i giudici agiscono con finalità politiche, da noi è successo e un’intera
classe politica è stata azzerata". Il presidente del Consiglio si è anche
riferito ad una "internazionale giacobina" pronta a colpire in tutta
Europa.
Le frasi pronunciate dal premier costituiscono, rileva il presidente del gruppo Ds del Senato, Gavino Angius, "il più grave attacco alla magistratura italiana dai tempi del fascismo. Si tratta di una campagna politica diretta dal partito del presidente del Consiglio e della Lega di Bossi, fatta di menzogne sistematiche e di minacce dirette e indirette". Una strategia in cui sono coinvolti, come dimostrato dalle false rivelazioni sulle inesistenti riunioni di Lugano, anche alcuni settori dell’informazione. "La gravità eccezionale della situazione – ha sottolineato Angius – richiede l’intervento delle più alte cariche dello Stato".
Fini (a Roma, 17 dicembre 2001): "sulla giustizia un’intesa è possibile e necessaria"
Nonostante le dure parole del premier, altre voci nella maggioranza e nel governo continuano ad auspicare un accordo, o comunque un confronto più sereno, con l’opposizione. E’ il caso di Gianfranco Fini: "l’intesa sulla giustizia – dichiara - serve per salvaguardare l’autonomia della politica e della magistratura. Forse – aggiunge – stavolta ci si può provare davvero. Bisogna vedere il merito, capire bene di che cosa stiamo parlando e su che cosa fare davvero l’accordo". Le parole del vicepresidente del Consiglio permettono di registrare una differenziazione di posizioni all’interno dell’esecutivo. E tuttavia, precisa il presidente dei senatori Ds Gavino Angius, va cercato "un confronto vero. L’autonomia e l’indipendenza della magistratura sono valori fondanti e costitutivi di qualsiasi democrazia. L’azione giudiziaria, da chiunque compiuta, al di sopra del valore dell’autonomia e della sovranità del parlamento. Dico che bisogna rispettare fino in fondo le regole. E non lo si fa brandendo la minaccia per scardinare principi stabiliti dalla Costituzione".