ROMA - I professori universitari di diritto contro il disegno di legge
Cirami, il provvedimento all’esame del Senato che reintroduce il
legittimo sospetto sull’imparzialità del giudice tra le cause per il
trasferimento di un processo.
Tre i «vizi di legittimità costituzionale» denunciati in un appello
firmato da 130 docenti di ogni estrazione, da Leopoldo Elia a Mario
Pisani, da Alessandro Pizzorusso a Giuseppe Riccio, da Paolo Ferrua ad
Alessandro Pace. La prima critica è per l’applicazione delle nuove
norme ai processi in corso, con l’obiettivo di «distogliere dal loro
giudice naturale gli imputati di alcuni processi ben definiti».
Sotto accusa anche la «vaghezza della nuova disciplina» che non «predetermina
i casi che giustificano il trasferimento». «Censurabili», infine, la
sospensione della fase finale del dibattimento e il divieto di pronunciare
sentenza, perché «l’uso strumentale» della richiesta di trasferimento
potrebbe determinare la «paralisi del processo».
Contro il ddl Cirami anche l’Unione delle camere penali, che ribadisce
le sue critiche: «Una legge raffazzonata».
Più di cento fra docenti e storici del diritto bocciano
la norma sul legittimo sospetto
Appello di giuristi contro la
Cirami
"Quella legge è incostituzionale"
Sotto accusa anche i meccanismi di sospensione dei processi
Promotori i professori Ferrua, Dogliani e Chiarloni. Continua la raccolta
di firme
LIANA MILELLA
La
Repubblica - 19 ottobre 2002
ROMA - In soli due giorni, con un passa-parola telefonico e via e-mail,
hanno raccolto oltre cento firme, di ordinari di diritto costituzionale,
di processual penalisti, di penalisti, ma anche di civilisti e di storici
del diritto. Nei giorni precedenti, hanno prima scritto un appello di sei
pagine, poi l´hanno ridotto a poco più di mezza cartella. Quindi sono
passati alla diffusione, che non ha incontrato difficoltà. È bastato
parlare di futura legge Cirami e di dubbi di costituzionalità per
ottenere le adesioni che, peraltro, continuavano ad affluire anche ieri
sera. Ai tre promotori - Paolo Ferrua (procedura penale), Mario Dogliani
(diritto costituzionale), Sergio Chiarloni (procedura civile), che hanno
lavorato con Francesco Caprioli e Renzo Orlandi (procedura penale) - non
resta che aspettare gli effetti della denuncia. Che si appunta su tre
questioni specifiche: il legittimo sospetto, in versione Cirami, viola il
principio del giudice naturale precostituito per legge; il meccanismo di
sospensione del processo non garantisce da istanze strumentali; è
illegittimo applicare ai processi in corso una legge simile.
Ecco alcuni dei nomi più conosciuti nel mondo dell´accademia che hanno
sottoscritto il testo dell´appello. Alberto Alessandri, Lorenza
Carlassare, Franco Cordero, Leopoldo Elia, Glauco Giostra, Carlo Federico
Grosso, Giulio Illuminati, Giorgio Marinucci, Enrico Marzaduri, Alessandro
Pace, Mario Pisani, Alessandro Pizzorusso, Andrea Proto-Pisani, Giuseppe
Riccio, Carlo Smuraglia. Così, mentre al Senato sono giunti a 800 gli
emendamenti dell´opposizione già pronti per il dibattito in aula, sulla
Cirami si apre un´altra polemica.
L´appello dei professori fa effetto anche per la sua asciuttezza. «La
previsione di non meglio specificati motivi di legittimo sospetto, sia pur
derivanti da gravi situazioni locali, appare in contrasto con il principio
del giudice naturale precostituito» affermano. Aggiungendo che, come
insegna la dottrina della Consulta, «perché possa dirsi rispettata l´inderogabile
garanzia della precostituzione non basta che sia predeterminato il
"nuovo" giudice, territorialmente competente; devono essere
predeterminati anche i "casi", cioè le circostanze di fatto
oggettivamente verificabili che giustificano il trasferimento del
processo, in modo da ridurre al minimo la valutazione della Cassazione».
Di questo dubbio si erano già fatti portavoce il procuratore di Milano
Gerardo D´Ambrosio e Vittorio Grevi (procedura penale). E a palazzo
Madama, in commissione Giustizia, i diessini Ayala, Calvi, Brutti, Fassone,
Maritati hanno inondato di emendamenti sullo stessa questione il
presidente Caruso.
Al primo dubbio ne segue un secondo. Sul quale ha battuto molto proprio
Fassone. «La sospensione obbligatoria nella fase finale del dibattimento
e il divieto di pronunciare sentenza - si legge nell´appello - sono
censurabili. Si altera l´equilibrio tra i principi di economia
processuale e la terzietà del giudice con il rischio di un uso
strumentale della richiesta di rimessione». Il rischio è che si
determini «la paralisi del procedimento tanto da compromettere il bene
costituzionale dell´efficienza del processo», proprio come scriveva la
Consulta in una sentenza del 1996. Secondo i professori torinesi, in più,
non basta come garanzia quello che è stato definito nel dibattito
parlamentare il "filtro" della Suprema corte. «Tanto il vaglio
di ammissibilità del presidente della Cassazione, quanto quello del
giudice di merito sulla novità degli emendamenti addotti in caso di
richiesta reiterata sono del tutto inadeguati a frenare richieste
pretestuose o dilatorie». In più, come ha denunciato Fassone in Senato,
c´è il forte rischio che, da un atto non giudiziario, come la decisione
assunta dal primo presidente, ne derivino conseguenze sulla sospensione
della custodia cautelare che non sarebbero neppure appellabili, in quanto
il giudice, sospendendo il processo, compie un atto dovuto. In un processo
con più imputati, la richiesta di uno in stato di libertà potrebbe
danneggiare un coimputato recluso che resterebbe in carcere e con i tempi
di custodia sospesi.
Infine, i processi in corso. Secondo l´appello, «appare illegittima l´applicazione
immediata della nuova normativa, tanto più attraverso una legge
dichiaratamente volta a distogliere dal loro giudice naturale gli imputati
di alcuni processi ben definiti». L´allusione, anche priva di
indicazioni nominative, è chiara. Si sta parlando di quelli milanesi.
|