La delega sul lavoro è stata varata. Il presidente-operaio e il governo
delle imprese hanno deciso che in Italia deve esserci libertà di
licenziare. Ovunque, ma con un occhio di riguardo per il Meridione dove,
viene stabilito, si potrà licenziare più che al Nord. E così anche
Bossi è stato accontentato.
Ma è con la Confindustria di Antonio D’Amato, suo grande elettore, che
Silvio Berlusconi si è mostrato particolarmente generoso, concedendo per
delega quello che 10 milioni di italiani gli avevano negato con un
referendum. L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è stato
modificato, l’obbligo delle imprese a reintegrare al suo posto il
dipendente licenziato senza giusta causa non esiste più, viene sostituito
da un "equo indennizzo", in questi tre casi: per i lavoratori
che emergono dal nero; per quelli che vengono assunti da un’azienda che
così supera la soglia dei 15 dipendenti; per coloro che passano da un
contratto a termine a un contratto a tempo indeterminato.
Quest’ultimo caso,
che nel testo originario era previsto per tutto il territorio nazionale,
è stato «limitato» al Sud, Abruzzo e Molise comprese. La
"sperimentazione", così viene chiamata, durerà quattro anni
con una verifica dopo due anni di applicazione. Il ministro del Welfare ha
inoltre annunciato che verrà aperto un tavolo "di tutto il
governo" per discutere del nuovo Statuto dei lavori.
"Addolorato", si è detto Silvio Berlusconi nel presentare nella
sala stampa di Palazzo Chigi il provvedimento portato dal ministro Maroni
e varato poco prima dal Consiglio dei ministri. Si è detto
"dispiaciuto", e probabilmente fa bene ad esserlo. La conferma
della delega, dopo quattro mesi di braccio di ferro con i sindacati, apre
nel paese un lunga stagione di conflitto sociale. Cgil, Cisl e Uil si
ricompattano (praticamente un miracolo)e con tutta probabilità colpiranno
unite. "Proporrò all’esecutivo Cisl lo sciopero generale", ha
annunciato Savino Pezzotta. "Il governo ha scelto di schierarsi con
Confindustria, senza tenere neanche in considerazione le richieste dei
sindacati". Stesse considerazioni per Luigi Angeletti, "credo
che lo sciopero sarà unitario", aggiunge il leader Uil che sabato
terrà il Work-day in tutta Italia. Durissima l’Ugl, il sindacato di
destra, anch’esso pronto allo sciopero. "È opportuno che tutte i
sindacati italiani si battano unitariamente per rivendicare i diritti dei
lavoratori", si legge in una nota. Una parte della imprese (Cna,
Confesercenti, Legacoop, Confcommercio) vorrebbe frenare avvertendo la
gravità dello scontro sociale che si va aprendo. L’opposizione insorge,
la società civile si mobilita. L’unico a mostrarsi soddisfatto non
poteva che essere il leader di Confindustria, Antonio D’Amato,
"finalmente partono le riforme", ha detto. Quelle riforme
"impopolari" da lui invocate a gran voce.
Berlusconi ha tenuto moltissimo a sottolineare quanto fosse
"compatto" il suo schieramento e perché fosse visibile ha
convocato accanto a sé per la conferenza stampa un ministro per ogni
partito della coalizione: Giovanardi (Ccd-Cdu), Marzano (Fi), Gasparri
(An) e lo stesso Maroni per la Lega. Che sia chiaro, insomma, che ognuno
deve rispondere ai propri elettori. E poi ha inaugurato la nuova strategia
comunicativa del governo: dallo stato d’animo scelto, quello del
"dolore" , ai nuovi slogan. "Scioperi e manifestazioni sono
dei padri contro i figli", è quello coniato per l’occasione.
"Molti pensionati, i cui diritti non sono minimamente toccati saranno
indotti a uno sciopero (ma non erano pensionati? ndr), a una
manifestazione contro i loro figli. A nessuno di coloro che oggi lavora
verranno tolti diritti e tutele", ha aggiunto il presidente-operaio
dimenticando la solidarietà che da sempre caratterizza il movimento dei
lavoratori italiani. In poche ore ecco che "i padri contro i
figli" è diventato il leit-motiv di quanti, nello schieramento
governativo, non hanno rinunciato al presenzialismo di giornata con le
solite dichiarazioni. La nuova versione dell'articolo 18 sarà all'esame
della commissione Lavoro del Senato dalla prossima settimana.
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