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Integrazione e nuove regole
IMMIGRATI A OROLOGERIA
di WALTER
PASSERINI
dal Corriere - 11
febbraio 2002
Gli imprenditori li vogliono, la gente li teme. Una divaricazione
pericolosa tra economia, politica e società. Forse l’unico asse che mette
d’accordo tutti è il fronte comune contro la clandestinità: gli immigrati
regolari vanno bene, gli irregolari se ne devono andare. La questione immigrati
è comunque una bomba a orologeria, che non si è ancora trovato il modo di
disinnescare. In Italia gli immigrati sono meno del 3% della popolazione, in
Germania e Francia tre-quattro volte tanto. In Lombardia ci sono 310 mila
immigrati, a Milano più di 180 mila. Le paure non sono proporzionali alle
quantità. Le imprese, come rivela uno studio di Apimilano su 250 aziende
associate, sono soddisfatte del lavoro degli operai extracomunitari assunti e li
ritengono indispensabili, anche perché (80,8%) fanno lavori che gli italiani
non vogliono più fare. Ritengono la legge Turco-Napolitano troppo permissiva
(64,1%) e vogliono l’allontanamento, non degli stranieri, ma dei clandestini
(78,4%). Non credono che gli immigrati portino via il lavoro agli italiani
(78,4%), anzi ritengono che diano un contributo positivo all’economia lombarda
(68,2%). Pongono, però, alcune condizioni: non credono che possano vivere da
noi come se fossero nel loro Paese (77,6%), anche se devono poter praticare il
loro culto (80,4%); si devono adattare ai nostri usi e costumi (82,4%) e devono,
in ogni caso, rispettare le leggi italiane (99,6%).
Così, mentre il dibattito tra le forze politiche si fa rovente, in attesa della
nuova legge Bossi-Fini e della prossima «sanatoria onerosa» per le colf e le
«badanti» (si calcola che siano almeno 2-300 mila quelle clandestine in
Italia, di cui più di 50 mila in Lombardia), gli imprenditori chiedono sia più
stagionali (sono considerati troppo pochi i 33 mila concessi dal ministro Maroni),
sia più ingressi stabili e rivendicano procedure più semplici e veloci per
assumere un extracomunitario (52%). E, se esprimono una diffidenza, la esprimono
soprattutto verso i musulmani (il 51% dichiara che non assumerebbe più
personale di religione islamica).
Tre sono i punti di maggiore contrasto che frenano la nuova legge: la
coincidenza, prevista dalla Bossi-Fini, tra permesso di soggiorno e contratto di
lavoro, che, secondo i suoi critici, assegnerebbe agli extracomunitari il solo
ruolo di lavoratori e non di cittadini a pieno titolo; l’abolizione dello
strumento dello sponsor, che, anche se macchiato da alcuni abusi, è servito a
garantire un’immigrazione regolare; e i limiti ai ricongiungimenti familiari.
Ed è proprio questo il paradosso della bomba immigrazione, cioè il
configurarsi di una sorta di «integrazione debole»: venite pure, stranieri
regolari, ma solo in quanto lavoratori dipendenti e collaboratori domestici. E
così, se nella fabbrica gli extracomunitari trovano cittadinanza piena, nella
società rappresentano un problema. Va bene, insomma, che chiedano e trovino un
lavoro, regolare s’intende. Ma come la mettiamo quando chiedono una casa
confortevole, mense scolastiche per i loro bimbi con cibi rispettosi della
tradizione, il mantenimento dei loro costumi, dei loro riti e dei luoghi di
culto, in una parola, della loro cultura?