SULLA riforma della
giustizia, sulla clamorosa frattura con l'Europa poi ricucita in zona
Cesarini, chi ha vinto e chi ha perso? Questa volta le parti in causa
erano tre: il Consiglio dei ministri europeo, il governo italiano,
l'opposizione di centrosinistra. Con un testimone tutt'altro che muto:
l'opinione pubblica internazionale.
Quando scoppiano queste battaglie, alla fine resta un panorama
confusamente vociante: tutti si attribuiscono una vittoria piena o almeno
una mezza vittoria, il campo è oscurato da un gran polverone, quello che
è veramente accaduto sfugge ai più.
Perciò ripropongo la domanda: chi ha vinto e chi ha perso? Ho detto che
le parti in causa erano tre, ma ce n'erano altre due rappresentate dai
rispettivi governi ma non necessariamente coincidenti con essi:
l'interesse dell'Europa e l'interesse dell'Italia. Quindi cinque. Cinque
parti in causa che hanno occupato la scena per una decina di giorni e che
oggi, dopo il vertice di Laeken, torneranno nei rispettivi alloggiamenti.
Vediamo.
* * *
1. Sette giorni fa, al vertice europeo dei 15 ministri della Giustizia e
degli Interni, i nostri Castelli e Scajola rifiutarono di mettere la loro
firma sull'accordo del mandato d'arresto comune. Non era una buona idea,
dissero.
Troppe
le differenze tra le varie giustizie nazionali, bisognava arrivare prima
alla Costituzione europea e dopo, solo dopo, alla procedura penale comune.
Insomma arrivederci al 2010 se mai ce la faremo.
2. Seguirono giorni convulsi. Gli altri 14 paesi erano già d'accordo su
tutto e del resto i negoziati sul mandato d'arresto si erano svolti non
sottobanco ma alla luce del sole e con la partecipazione dell'Italia. Come
mai solo alla fine era spuntato il veto italiano?
3. Il nostro ministro degli Esteri, Renato Ruggiero, avanzò l'ipotesi che
il suo collega Castelli conducesse per conto della Lega un suo gioco
personale. Castelli ribatté seccamente che di Ruggiero se ne infischiava
e che lui aveva eseguito a Bruxelles le direttive del presidente del
Consiglio.
Quest'ultimo — operaio laborioso — non proferì parola in proposito.
4. Mentre queste miserevoli farse andavano in scena a Montecitorio e sui
giornali, i 14 europei facevano sapere che loro sarebbero andati avanti
comunque, anche senza l'Italia. I principali giornali stranieri
manifestavano critiche cocenti nei nostri confronti. Qualche bello spirito
di casa nostra coniò lo stupendo slogan «Il continente è isolato
dall'Italia» .
5. L'opposizione di centrosinistra si slanciò all'attacco con cento buoni
argomenti. Di fianco ad essa, sia pure in modi differenziati, interi
settori della maggioranza: Fini, i cattolici del Ccd, figure istituzionali
come quella del presidente della Camera. I magistrati, già molto scossi
dalla mozione passata in Parlamento appena pochi giorni prima che aveva
determinato le dimissioni dell'intero vertice della loro Associazione,
erano sul piede di guerra. Ciampi non nascondeva il suo profondo
scontento. Un sondaggio di Mannheimer, eseguito per il «Corriere della
Sera» ma ancora non pubblicato, registrava una notevole perdita di
consensi di Berlusconi e dello schieramento di centrodestra.
In queste condizioni si arrivò all'incontro romano del premier belga,
presidente di turno della Comunità europea, con il nostro presidente del
Consiglio. Ma già Ruggiero, Scajola, Letta, avevano tessuto la sostanza
d'un inevitabile compromesso. Non mi pare che la stampa italiana e
internazionale ne abbia dato buon conto; perciò è il momento di
scriverne con la massima chiarezza. Esso si configura con il seguente
titolo che è un classico nel suo genere: «Armiamoci e partite» . Questa
«pièce» non poteva trovare migliore interprete di Silvio Berlusconi del
quale tutto si potrà dire fuorché non sia un formidabile venditore di
tappeti. Per lui farne passare uno tessuto a Gallarate per un persiano del
XVIII secolo è un gioco da bambini.
* * *
Che cosa stava principalmente a cuore dei 14 Stati europei già d'accordo
sul mandato d'arresto comune, una volta capito che l'Italia si sarebbe
chiamata fuori come in effetti si era chiamata? Che il governo italiano
non bloccasse tutto opponendo un veto formale.
Che cosa stava principalmente a cuore a Berlusconi? Non inimicarsi una
parte della sua stessa maggioranza, accontentare i 14, non creare una
rottura «coram populo» con il Capo dello Stato.
Così è nato il marchingegno intitolato «Armiamoci e partite»:
l'accordo per il mandato europeo porterà la firma in tutti i 15 paesi
della Comunità senza condizioni di sorta, così com'è. Con una sola
riserva, piccola piccola: quando dovrà essere messo in esecuzione nel
2004 l'Italia ci sarà soltanto se nel frattempo il Parlamento avrà
armonizzato la nostra Costituzione e le nostre leggi con le norme
operative del mandato comune europeo. Se non avremo fatto in tempo
l'Italia resterà fuori in un binario morto mentre il treno europeo partirà.
Quali sono le modifiche per arrivare a questa armonizzazione? Il nostro «premier»
le indica puntigliosamente: divisione delle carriere tra magistrati
inquirenti e giudicanti, attribuzione al Parlamento del potere di indicare
le priorità nell'esercizio dell'azione penale. Chi in Parlamento si
dovesse opporre a queste modifiche si renderà responsabile del mancato
aggancio del vagone italiano al treno europeo.
Il Consiglio europeo ha chiesto queste modifiche? Neanche per sogno. Le ha
forse chieste il presidente belga di turno? Assolutamente no. Non c'è
alcuna connessione tra esse e l'accordo europeo sul mandato d'arresto. Per
di più la carriera dei magistrati e l'esercizio dell'azione penale hanno
trattamenti differenziati in Europa; la Spagna, tanto per dirne una, ha più
o meno lo stesso regime attualmente vigente in Italia.
Ma quel che importa è che il cerchio è stato quadrato, il tappeto
tessuto a Gallarate è stato venduto come un persiano autentico: si parte
in 15, non c'è veto, se ne riparla nel 2004, l'Italia fa mettere a
verbale ora per allora che se avrà messo la mordacchia alle sue toghe si
aggancerà al treno europeo, altrimenti resterà sul binario morto.
Tutti felici e contenti.
* * *
In realtà l'opinione pubblica internazionale ha capito benissimo di che
cosa si tratta. Le Monde è uscito con due editoriali al veleno,
Liberation ha affermato che il governo italiano ha fatto il gioco delle
tre carte, perfino Le Figaro, l'organo della destra francese, ha
manifestato critiche severissime e così pure giornali inglesi, tedeschi
spagnoli.
La stampa italiana — salvo eccezioni — ha sorvolato rallegrandosi
dello scampato isolamento. Le personalità istituzionali hanno festeggiato
anche se non si sa bene che cosa. Un solo aspetto della questione risulta
chiaro: noi non abbiamo fermato il treno europeo, ma non ci siamo
agganciati; decideremo tra due anni se ci converrà, cioè se converrà a
Berlusconi, a Previti e compagnia. E intanto avanti con la riforma della
giustizia studiata dal Pera popperiano e attuata dal Castelli padano. Chi
non ci sta è antieuropeo e peste lo colga.
* * *
Sembra che l'opposizione di centrosinistra voglia riaprire il dialogo
sulla giustizia liberandosi dell'accusa di giustizialismo.
Pagherei un bel po' di soldi se qualcuno mi spiegasse che cosa vuol dire
giustizialismo. Carcere e manette agli innocenti o presunti tali? Non
risulta che Rutelli e Fassino né i loro predecessori abbiano mai invocato
la forca agli angoli delle strade. Semmai furono accusati, quelli della
sinistra, esattamente del contrario: troppo lassisti, troppo permissivi.
Allora che cosa vuol dire giustizialista? Che si vuole giustizia? Ma
quella la vogliamo tutti. Forse Schifani non vuole giustizia? Giuliano
Ferrara non la vuole? Pera non la vuole? Mi rifiuto di crederlo. Insisto:
che cosa vuol dire giustizialista? Il rifiuto di dare a Previti un
salvacondotto del tipo per esempio di quelli che si usavano ai tempi di
Richelieu: «È per il bene dello Stato che il latore della presente ha
fatto quello che ha fatto»? L'opposizione vuole aprire il dialogo.
Rincorrendo le bizzarrie del ministro Castelli e cercando di moderarle?
Questo non mi pare affatto un buon metodo.
L'opposizione presenti piuttosto un suo programma di riforma della
giustizia che riguardi tutte le questioni vere: tempi del processo,
risorse necessarie, organici, sedi, strumenti. Affronti anche, se lo crede
opportuno, la questione delle carriere che non deve essere un tabù; i
metodi dell'elezione del Csm, per esempio abolendo la presenza dei
rappresentanti dei partiti in quell'organo, visto che tutti siamo per la
separazione dei poteri, a cominciare dal sullodato Popper, non è vero? Il
dialogo tra persone serie si fa così: questo è il tuo progetto e questo
è il mio. Adesso discutiamo. Francamente non vedo altro modo.
C'è un solo articolo della Costituzione che va modificato per
armonizzarlo con il mandato d'arresto europeo ed è l'articolo 26 che
tratta dell'estradizione dei cittadini italiani, in tutto tre righe. In
tre mesi sarebbe cosa fatta. Perché aspettare il 2004? Ieri ho letto il
manifesto redatto da 130 giuristi che insegnano diritto nelle Università
di Torino, Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Camerino, Catania, Ferrara,
Firenze, Foggia, Genova, Insubria, Lecce, Napoli, Macerata, MilanoStatale,
MilanoBicocca, MilanoBocconi, MilanoCattolica, Modena e Reggio Emilia,
Padova, Palermo, Parma, Piemonte Orientale, Piemonte Occidentale, Pisa,
RomaSapienza, Roma Tre, Siena, TorinoPolitecnico, Trento, Trieste, Urbino,
Verona.
Scusate se l'elenco è lungo ma mi pareva giusto che i lettori
ricordassero queste università e i loro giuristi in cattedra. Riporterò
l'attacco del documento. Dice così: «I sottoscritti professori
universitari di diritto, consapevoli della loro responsabilità di fronte
agli studenti e di fronte al dovere di rispettare i principi basilari
delle discipline giuridiche, ritengono di non poter tacere su un evento
mai verificatosi nella storia parlamentare dell'Italia unita, che mette a
repentaglio le stesse fondamenta dello Stato costituzionale.
Il Senato della Repubblica, con la mozione approvata a maggioranza il
5.12.2001 ha sottoposto a violente critiche alcuni provvedimenti
giudiziari relativi a processi penali in corso qualificandoli come errati
nel merito, eversivi del corretto esercizio delle funzioni giurisdizionali
e lesivi delle prerogative del legislatore; il tutto nel quadro di
gravissime accuse rivolte a singoli magistrati che avrebbero tentato e
tenterebbero tuttora di interferire nella vita politica del paese.
Questo intervento costituisce un grave attentato di intimidazione perché
contiene un giudizio di merito su provvedimenti giurisdizionali ancora
sottoposti agli ordinari mezzi di impugnazione e come tale attenta alla
libertà di valutazione dei giudici negli attuali e successivi gradi del
giudizio: al punto da creare il presupposto di un conflitto di
attribuzioni tra poteri dello Stato in ordine alle funzioni interpretative
che necessariamente ineriscono all'esercizio della giurisdizione».
Questi 130 docenti sono giustizialisti? Vanno puniti? Espulsi dalle loro
università?
Piacerebbe conoscere in merito il parere di Castelli, Pera, Schifani,
Ferrara e figuranti di vario conio. Anche la signora Moratti dovrebbe dire
la sua: si può andare avanti con docenti di questa risma? Un intervento a
me sembra indispensabile.
P.S. È ben chiaro che in tutta questa così penosa faccenda tutti hanno
vinto salvo gli interessi e l'immagine del nostro paese.
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