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IL TEMPO CHE RESTA. RICORDI

2005

 


I nostri auguri per il 2006

Con l'augurio di trovare anche in quest'epoca buia

una fiamma di candela

che illumini la strada che stiamo percorrendo.

Buon futuro !

Paolo e Luciana

31 dicembre 2005

 

DICKINSON EMILY 

Ci abituiamo al buio 

Ci abituiamo al buio

quando la luce è spenta

dopo che la vicina ha retto il lume

che è testimone del suo addio, 

per un momento ci muoviamo incerti

perché la notte ci rimane nuova,

ma poi la vista si adatta alla tenebra

e affrontiamo la strada a testa alta.

Così avviene con tenebre più vaste

quelle notti dell’anima

in cui nessuna luna ci fa segno,

nessuna stella interiore si mostra. 

Anche il più coraggioso prima brancola

un po’, talvolta urta contro un albero,

ci batte proprio la fronte;

ma, imparando a vedere, 

o si altera la tenebra

o in qualche modo si abitua la vista

alla notte profonda,

e la vita cammina quasi dritta.

 

 

We grow accustomed to the Dark -
When Light is put away -
As when the Neighbor holds the Lamp
To witness her Goodbye -

A Moment - We uncertain step
For newness of the night -
Then - fit our Vision to the Dark -
And meet the Road - erect -

And so of larger - Darknesses -
Those Evenings of the Brain -
When not a Moon disclose a sign -
Or Star - come out - within -

The Bravest - grope a little -
And sometimes hit a Tree
Directly in the Forehead -
But as they learn to see -

Either the Darkness alters -
Or something in the sight
Adjusts itself to Midnight -
And Life steps almost straight.

da: http://www.emilydickinson.it/j0401-0450.html


Politica e terrorismo

30 dicembre 2005

Sto rivedendo le cassette della "Notte della repubblica di  Sergio Zavoli. Mi fa impressione e tristezza vedere i volti giovanili dei politici che ancora oggi sono sulla scena.

Rifletto sul dato di fatto che la politica italiana è come bloccata su classi dirigenti che hanno fatto una carriera lavorativa e pensionistica come parlamantari. Mi ricordano certi funzionari del Comune di Milano: scrivania, chiacchere, mensa, ritorno alla scrivania. Appunto in attesa della pensione.

Petruccioli, Boniver, Benvenuto, Occhetto, Fassino l'eterno Andreotti ....

Il più patetico è Marco Boato. L'ambizioso "studente maggiore" alla facoltà di sociologia di Trento.  Che non ha mai smesso la sua spocchia di saputello.

Della politica ne ha fatto una professione. Senza apprendere niente. Rimarrà la biografia negli archivi parlamentari. E lui, in pensione, pontificherà come ha fatto per tutta la sua vita.

L'Italia è come bloccata su una élite di impiegati della politica.

E' arrivato il momento di rileggere gli elitisti: Mosca, Pareto, Michels. In particolare Roberto Michels:

in Storia del pensiero sociologico a cura di Alberto Izzo, Il Mulino 1975, p. 338-339

 

Ciò mi dovrebbe rendere sempre più consapevole della contingenza della cronaca politica quotidiana, che, comunque mi appassiona come un'abitudine.

Storie di impiegati che si impongono sulla piazza televisiva. Ometti da poco.

Meglio, infinitamente meglio la musica e la letteratura. Eppure fra poco accenderò la televisione per sapere come è andata la giornata. Abitudine impossibile da modificare.

 

Le cronache di Zavoli sono un reperto storico di grande importanza culturale.

Viene fuori come mostruosa può diventare l'ideologia. Una corazza sopra l'esperienza semplice della vita quotidiana:

 

"non ci si può consegnare al dominio dell'ideologia, di qualunque ideologia, senza rinunciare ad essere interamente persone"

Sergio Zavoli, La notte della repubblica, Mondadori 1992, p. 12

 

I terroristi. Anche loro squallidi impiegatucci che uccidevano per "abbattere lo stato". Molto simili agli attuali terroristi islamici che sgozzano in base a principi religiosi e fanatismo ideologico.

Fanno impressione questi terroristi che rispondono chi in modo arrogante, come l'eternamente cinico Mario Moretti, per nulla scalfito nella sua convinzione di essere stato uno che ha fatto quello che gli imponeva la situazione:

 

in Sergio Zavoli, La notte della repubblica, Mondadori 1992, p. 329-330

 

Poco prima così aveva detto:

 

 

in Sergio Zavoli, La notte della repubblica, Mondadori 1992, p. 318-319

 

 Ma c'è anche chi e attraversato da tardivi pentimenti.

Ne vedo uno che balbetta, incalzato dalle domande di Zavoli. Esibisce un anello matrimoniale al dito.

 

 

 

in Sergio Zavoli, La notte della repubblica, Mondadori 1992, p. 288-290

 

Ma il documento storico di Zavoli è anche interessante sul piano tecnico. In particolare sul modo di condurre le interviste:

 

 

 

in Sergio Zavoli, La notte della repubblica, Mondadori 1992, p. 9-10


giugno 2005

 


Caro dottor Concetto Vecchio

vivo a Como e sono ri-capitato a Trento - per lavoro - proprio la sera prima della presentazione del suo libro "Vietato obbedire"

L'ho letto voracemente la sera stessa. Con qualche commozione, tipica di chi vive quella parte del ciclo di vita pre-senile (ora ho 57 anni e allora ne avevo circa 20).

Volevo ringraziarla per la sua idea e per il libro che ne è venuto fuori.

Per me è stato come rituffarmi nel passato: ho abitato a Trento nel 1969-1971 ed ero un "gregario" del movimento che lì si sviluppava. Non un protagonista, ma una molecola di quel provvisorio gruppo sociale.

Il suo libro mi ha fatto rivivere qualche emozione e pensiero di quegli anni. Persone che ho conosciuto direttamente, eventi che non sapevo... 

Ho potuto così ripercorrere una parte della mia giovinezza con gli occhi, il cuore e la testa di una persona il cui tempo è passato e che può pesare meglio le luci e le ombre sui modi in cui si formano le idee e si sviluppano le politiche.

Ho già collocato sul mio sito una pagina dedicata al suo libro a questo indirizzo: http://www.segnalo.it/Paolo/TRENTO-FAC-SOCIOLOGIA.htm

Me le scrivo anche per un piacere che le chiedo.

Ero a Trento giovedì 17 giugno, ma sono dovuto ripartire venerdì 18 senza poter partecipare alla presentazione del libro alla sera.

Il piacere è questo: se le fosse possibile e di poco disturbo potrebbe farmi avere gli articoli pubblicati sulla serata ? Immagino che sia stato fatto un articolo nei giorni successivi.

Mi piacerebbe davvero molto completare il mio ricordo

Grazie comunque per il suo lavoro sulla memoria

Cordiali saluti

Paolo Ferrario

20 giugno 2005

 

Caro Ferrario, la ringrazio per le belle parole. Il libro è in classifica e mi sta riservando insperate soddisfazioni. Volentieri le mando gli articoli della serata. Va bene via mail? Riusciamo a combinare una presentazione a Como? Magari in una libreria.

Un caro saluto

 

concetto vecchio

 

 


RITAGLI SUL LIBRO: Concetto Vecchio, Vietato ubbidire, Rizzoli - Bur

 

 

 

 


 

 


 
 
 

Boato: «Aula Kessler? No, meglio Rostagno»
Anche Carla, sorella del leader del '68, alla serata su «Vietato obbedire»

 

 TRENTO. Erano in molti l'altra sera a Sociologia per la presentazione del libro del giornalista del Trentino, Concetto Vecchio, "Vietato obbedire", sulla contestazione all'università nel `68.

L'aula Kessler era strapiena con la gente seduta anche sugli scalini, in piedi e fuori. Pochi, però, gli universitari di oggi.  Al tavolo dei relatori, oltre all'autore del saggio, sedevano uno dei capi della rivolta, il deputato verde Marco Boato, Marianella Biroli Sclavi, la prima donna a guidare il movimento, oggi affermata docente universitaria e Paolo Sorbi, protagonista del controquaresimale in Duomo e attualmente esponente del Movimento per la vita di Milano.

Non si è trattato di un amarcord, tutt'altro. Perché, dopo l'introduzione dell'autore, è arrivatasubito la proposta-provocazione del senatore Boato. "L'aula dove ci troviamo, prima di chiamarsi Kessler - ha detto - era intitolata a Mauro Rostagno, leader indiscusso del movimento.
Con un atteggiamento meschino gli fu tolta. Ebbene, a Rostagno va di nuovo intitolata quest'aula e per Kessler, fondatore della facoltà, uomo straordinario di cui va fatta l'apologia, si pensi a dedicare almeno Sociologia".

 
 

Scaglia: «Resti intitolata al fondatore»
Il preside boccia l'idea del deputato. Anche la Cogo si dice perplessa

 

 TRENTO. «Quella di Boato mi sembra una proposta alquanto originale, che dimostra il suo attaccamento alla Facoltà di Sociologia. Ogni qualvolta si presenta l'occasione per farlo Boato propone di dedicare una sala od uno spazio della acoltà a qualcuno. E' una bella attività ma non credo che una proposta di questo tipo arriverà al Senato Accademico».
E'divertito Antonio Scaglia, preside di Sociologia, quando con una buona dose di ironia decide di commentare le esternazioni di Marco Boato sulla possibilità di intitolare l'aula Kessler al compianto Mauro Rostagno, rinominando invece la facoltà con il nome del suo fondatore. «Tutti noi siamo molto legati a Sociologia e alla sua storia - ha proseguito
ancora Scaglia - quindi credo che l'aula debba essere mantenuta così com'è a ricordo della figura e dell'importanza di Kessler».

Ma il preside di sociologia non è l'unico ad avanzare forti dubbi sulla fattibilità di modificare il nome dell'aula più rappresentativa all'interno della sua facoltà. Grosse perplessità
sulla proposta di Boato vengono espresse anche da Margherita Cogo, vicepresidente della Provincia: «Devo ammettere che quest'idea mi coglie totalmente impreparata e mi sorprende.
Di primo acchito non mi sentirei di sposarla anche se decisioni di questo tipo debbono essere prese dal Senato Accademico e non spettano al mondo politico.
Ammetto però che sono alquanto perplessa». Che non se ne farà niente, dunque, e che l'aula rimarrà intitolata al suo fondatore è detto proprio da Scaglia, il quale, bocciando simpaticamente la proposta, conferma che in Senato non giungerà nemmeno la proposta di Boato. «Sociologia è un simbolo di questa città - ha concluso Scaglia - alla quale
Trento deve molto. Capisco che Boato sia legato alla facoltà ma certe simpatiche esternazioni è meglio che restino  tali».
(ch.ma.)

 
 


di Paolo Piffer

 

paolo piffer TRENTO. «L'aula Kessler venga intitolata a Mauro Rostagno, leader del'68 trentino, e Sociologia, se non l'intera università di Trento, prenda il nome del suo fondatore».
Così aveva tuonato l'altra sera in università il senatore Boato nel corso della presentazione del saggio "Vietato obbedire", scritto dal giornalista del "Trentino" Concetto Vecchio e che si occupa della contestazione degli anni Sessanta.
Una proposta in pratica bocciata dal preside Antonio Scaglia e ha lasciata perplessa la vicepresidente della Provincia, Margherita Cogo.
Ora, l'idea trova slancio con una petizione e un gruppo di sociologi, dalla prima alla terza generazione, da quegli degli anni Sessanta fino alla Pantera dei Novanta, rilancia.
«Quando il movimento studentesco trentino iniziò a muoversi per respingere la concreta minaccia di vedersi negato dal Senato il titolo di studio - è scritto nel documento
- Rostagno fu tra i più attivi e coerenti sostenitori della battaglia che culminò nel riconoscimento della laurea in Sociologia». La lettera è stata inviata al preside di Sociologia,
Scaglia, con l'augurio che venga presa in considerazione dal successore, che dovrebbe essere Mario Diani, candidato unico. Nel testo si chiede che «nel momento in cui verrà formalizzata la proposta di trasformare l'Istituto trentino di cultura, matrice dell'Università, in fondazione "Bruno Kessler", l'aula che oggi porta il nome del primo artefice della nascita di Sociologia venga intestata a Mauro Rostagno». Con un'aggiunta: «Anche l'Università dovrebbe portare il nome del fondatore, Bruno Kessler».
 Sono otto le firme in calce: Vincenzo Calì, per 18 anni direttore del Museo storico, docente a Lettere, l'ex libraio Giampiero Gatta, il pubblicitario Gianni Palma, il senatore Marco Boato, Silvia Motta, consulente aziendale e la psicoterapeuta Leslie Leonelli, entrambe protagoniste del movimento femminista di quegli anni, Stefano Albergoni, già consigliere comunale dei Ds, Carla Rostagno, sorella di Mauro. «E' ora che questa  città dedichi qualcosa di importante al senatore Kessler - sostiene Calì -. Quattro anni fa la commissione toponomastica comunale bocciò la proposta di intitolare parte di via Verdi al fondatore di Sociologia. Poi si pensò ad un ponte, ma non mi sembra un gran ché. Adesso, qualcosa
va fatto per riconoscere a quest'uomo il ruolo che ha avuto per lo sviluppo di tutto il territorio trentino. Spero che, oltre a questa lettera mandata al preside di Sociologia, si riesca
anche ad aprire una raccolta di firme», conclude. «In Italia, penso a Pescara, ci sono università che hanno un nome. Anche giuridicamente è una strada percorribile», sottolinea Boato. Più cauto Davide Bassi, rettore dell'ateneo. «Per quanto riguarda l'intitolazione dell'aula a Rostagno è una decisione che spetta a Sociologia - dice -. Sull'intitolazione dell'università a Kessler faccio una premessa. Nel mio studio ho due foto, quelle del presidente Ciampi e di Bruno Kessler. Ho conosciuto il senatore quando arrivai a Trento, 30
anni fa. E gli devo molto. Detto questo - prosegue - non ci sono, in Italia, molte università che hanno un nome, che sono intitolate a qualcuno. E, aggiungo, non è detto che se
ne debba per forza discutere o che si debba necessariamente fare. Si tratta di una proposta. Anche se, in futuro, si dovesse prendere in considerazione l'idea, non sarebbe mai
a seguito di polemiche o prese di posizione». Tradotto, par di capire: l'argomento non è all'ordine del giorno, almeno
a breve


in: http://www.girodivite.it/article.php3?id_article=2623

 

‘Vietato obbedire’, proprio così. Una specie di ossimoro, di contraddizione in termini che racchiude tutte le inconciliabili antinomie di un epoca. ‘Vietato obbedire’, ora, è il titolo del saggio edito dalla Bur che il giornalista di origini catanesi Concetto Vecchio (che nome strano e malinconico) ha voluto dedicare ai giorni di fuoco della mitica facoltà di Sociologia di Trento.

Un considerevole lavoro di ricostruzione storica, davvero stupefacente per la straripante mole di dati, informazioni e aneddoti che Vecchio è riuscito a mettere insieme e a riversare sulla pagina. Nei ringraziamenti si legge: ‘Un monumento merita Sergio Mozzi, ex funzionario dell’università di Trento, che per quasi vent’anni ha raccolto e conservato tutti gli articoli usciti su Sociologia. Senza quel tesoro di ritagli non sarei mai riuscito a ricostruire la corretta cronologia dei fatti’.

E non solo la cronologia. Dalla narrazione di Vecchio, infatti, ci viene restituita per intero l’atmosfera di quella città imbalsamata, tutta alpini e grappini, che un giorno del ’63 cominciò a vedersi invasa di capelloni, barbudos, freakettoni, intellettuali occhialuti e femministe in minigonna e con i seni appuntiti. Uno shock. Un happening. Eppure, al di là degli sviluppi che seguirono, la facoltà di Sociologia nacque da un’idea di un gruppo di democristiani trentini, particolarmente illuminati.

Su tutti Bruno Kessler (futuro rettore dell’università) e il giovane economista Beniamino Andreatta. Erano quelli gli anni del centro-sinistra al governo. L’idea moderna e temeraria, e per questo molto osteggiata, di un corso universitario in sociologia, rappresentò il tentativo di costruire, in Italia, un percorso formativo nuovo ed originale destinato ai futuri quadri dirigenziali, alle generazioni cresciute durante il grande boom economico. Non solo. Da un altro punto di vista, questo corso universitario nuovo di zecca nasceva non soltanto da un’esigenza di modernizzazione, ma doveva funzionare pure da sfiatatoio, rispondere cioè al progetto di offrire al Trentino, regione bianca, cattolica e ipertradizionalista, una via d’uscita dall’isolamento nel quale si trovava da tempo relegato, soprattutto rispetto alle altre regioni dell’Italia Settentrionale.

E la notizia di Sociologia riesce effettivamente ad intercettare il fervido entusiasmo di moltissimi giovani, borghesi, alto borghesi, proletari e poi di tanti, tantissimi cattolici. Ed è l’inizio di una grande avventura, di un’’effervescenza collettiva’, come disse Emile Durkheim. A Trento, chi l’avrebbe mai detto, si assiste emozionati all’alba del ’68, della contestazione, si vede crescere e svilupparsi una fluorescente Berkeley tutta italiana. Qui, prima che altrove, si sperimentano l’occupazione, aperta o chiusa, l’università negativa (secondo le tesi di un opuscolo redatto da Curcio e Rostagno), le comuni, l’amore libero, i giochi di parole, la politica creativa, e infine è sempre qui, nelle aule di sociologia, che in una specie di trailer degli anni ’70 si assiste alle prime prove della lotta armata.

A Trento vanno a studiare Marco Boato, Checco Zottis, Toni Capuozzo, Gian Enrico Rusconi e Chiara Saraceni, Marianella Pirzio Biroli Sclavi, Renato Curcio e Margherita Cagol, Gigi Chiais e Paolo Sorbi. Giovani baby boomers che intrattengono rapporti familiari, amicali o di semplice filiazione, con nomi importanti dell’intellighenzia italiana. C’è chi ha studiato con don Luigi Dossetti o col giovane don Benzi, c’è chi, come Margherita Cagol, ha avuto un nonno allievo del Carducci, e chi come Curcio, ed è una notizia inedita, è il figlio non riconosciuto di Renato Zampa, fratello del più noto Luigi. Insomma, a studiare nomi, cognomi e biografie, come ha fatto Vecchio, ne viene fuori una sorta di album di famiglia molto, molto particolare, tutto da sfogliare, quasi un confluire di correnti carsiche che per qualche hegeliana ragione si sono ritrovate sotto il pavè della città conciliare.

Ma soprattutto fra di loro c’è Mauro Rostagno, il leader carismatico, il marxista libertario e irresistibile tombeur de femmes. Fra le studentesse circola addirittura una leggenda su di lui, e cioè che se gli avessi baciato l’anello, al Rostagno, saresti diventata una rivoluzionaria, per tutta la vita. Anche Sofri, Guido Viale, Mario Capanna e gli altri leader del movimento studentesco, non mancano di affacciarsi a Trento, di tanto in tanto, per vedere che cosa bolle in pentola e trovare un po’ d’ispirazione.

Ma la partenza dell’università, bisogna dirlo, è quanto mai travagliata. Non soltanto governo e ministri non intendono riconoscere la laurea in sociologia, ma ci si mettono pure gli studenti, che contestano i docenti, che vorrebbero buttare a mare i programmi (chiedono più Marcuse, Horkeimer e Adorno), che s’inventano l’istituto del voto politico, quasi lo brevettano, e che vorrebbero aprire la facoltà a seminari e lezioni autogestite.

A risolvere la situazione arriverà un giovane professore della Cattolica, Francesco Alberoni, che sbarca a Trento in spider e con l’inconfondibile girocollo sotto la giacca (niente cravatta, quindi). Sarà lui il nuovo rettore e sotto il suo dicastero inizierà un confronto aperto e inedito fra l’accademia e gli studenti, un dialogo che in Italia non ha precedenti e che per molti versi farà scandalo. Dove si era mai visto che un rettore d’università si mettesse a frequentare le case degli studenti, le comuni, addirittura, a fare bisboccia e a discutere di politica fino a tarda notte? Eppure, nonostante questo breve e sfolgorante idillio, presto si allungano le ombre dei ‘vietato vietare’, dei ‘vietato obbedire’, degli imperativi camuffati da giochi di parole.

L’atmosfera si fa cupa, c’è la pioggia di sangue del Vietnam, c’è una classe politica indolente che a sinistra come a destra è incapace di cogliere le istanze sollevate dai movimenti, e poi ci sono i movimenti che di riflesso cominciano a farsi prendere da strane smanie e sussulti, che prendono a sproloquiare di rivoluzione con un vocabolario sempre più lugubre e burocrate.

La sinistra extraparlamentare si frammenta in una grottesca quantità di sigle e gruppuscoli: maoisti, marxisti leninisti, guevaristi, lottacontinuisti, potopini. L’odore dolciastro del patchouli cede a quello acre e urticante dei gas lacrimogeni, e iniziano così a circolare gli esplosivi, le molotov, e i cittadini benpensanti cominciano a guardare in tralice quei rompiscatole dei capelloni e delle femministe. Botte da orbi. Ci si mettono di mezzo pure gli alpini, infatti, e i reduci della grande guerra, quando un giorno Saragat, invitato a Trento per una commemorazione, viene duramente contestato dai sociologi e nel corteo impavesato di medaglie, gagliardetti e militaria, si scatenano scene da guerriglia urbana, pestaggi indiscriminati e, soprattutto, incomprensioni a non finire, visto che gli studenti quel giorno ce l’avevano con una classe politica trombona, sempre pronta a far retorica sui settecentomila caduti italiani del ‘15-‘18, ma che pure non è in grado di riconoscere una pensione decorosa ai vecchi combattenti.

A partire da quell’episodio, più o meno, inizia il declino di Sociologia, iniziano gli anni ‘70. Eppure, Toni Capuozzo, il famoso giornalista del TG5, racconta commosso a pag. 183: ‘Sociologia di Trento è stata molte cose, per me: e anche una galleria di giorni e notti, e nomi, e volti, e quasi, ancora, una parola magica, di quelle che pronunciate creano una complicità.

Ed è stata anche l’apprendimento di un metodo di conoscenza, di una disciplina in anni indisciplinati, e un gusto mai perso di capire cosa muova le persone’. Succedeva quarant’anni fà. Amen.


Silvano Bert in : http://www.questotrentino.it/2005/13/Vietato_obbedire.htm

E' un masso che rotola libero, cieco, sballottato qua e là, verso il precipizio. A suggerire questa lettura è la copertina, una sorta di "istruzioni per l’uso" di un ordigno misterioso - la facoltà di Sociologia - scaraventato a Trento in regalo senza essere desiderato. Le testimonianze dei protagonisti di quei dieci anni, dal 1962 al 1971, ci danno - è scritto - "il ritratto della stagione che anticipa e prefigura la ferocia della lotta armata".

Che sia un avvicinarsi all’abisso del terrorismo è un’interpretazione diffusa, ma non per questo è la più vera. Quei dieci anni sono tante cose insieme.

Nell’ultima pagina, Concetto Vecchio, giovane giornalista al Trentino, a epilogo di quegli anni, cita tre fatti. Renato Curcio e Margherita Cagol, a Milano, certo, scelgono la lotta armata. Ma le università italiane si aprono, per legge, ai diplomati di tutte le scuole, e una coppia, a Modena, può registrare per prima in Italia il proprio divorzio. Come convivono le Brigate rosse con le riforme, civili e sociali, della modernizzazione?

Allora, cosa ha visto Trento, "Dio mio", in quel periodo di fuoco? Nel 1971 le campane tornano a suonare, senza contestatori fra i piedi: "I ragazzi che volevano fare la rivoluzione raccolgono le loro cose e sgomberano il campo: hanno perso". E’ stata una "parentesi".

Eppure, per tutti, "nulla sarà mai più come prima: contestare i padri e l’autorità non è stato inutile". Come se, diremmo, a Trento, prima che altrove, si fosse recitato lo spettacolo dell’"autobiografia della nazione italiana" (e non solo).

Rimangono in tensione fra loro le diverse interpretazioni del Sessantotto, come di altri eventi della storia d’Italia. Noi siamo abituati da sempre a discutere se il fascismo è "parentesi" (l’invasione degli Hyksos in un territorio sano, è la tesi di Benedetto Croce, il liberale), o "rivelazione" (l’esito di malattie di lunga durata, è la tesi di un "azionista" come Piero Gobetti). O chissà, se è, secondo i marxisti, "controrivoluzione borghese". Ci torneremo.

 

S

i può piantare una facoltà di sociologia fra le montagne?" - obietta Francesco Alberoni a Bruno Kessler, il presidente democristiano della Provincia, che lo vuole a Trento, nel ’68, a dirigerla, per risollevarla dalle difficoltà. La storia, come sempre, è anintenzionale: il progetto politico è di ricavarne i tecnici funzionali allo sviluppo capitalistico. Al quale serve l’approccio positivistico delle scienze sociali: individuare il problema, formulare l’ipotesi, verifica o falsificazione. L’idealismo, allora dominante, che opera "distinzioni" all’infinito, è inservibile. Per Croce, infatti, la sociologia è una "scienza inferma".

Sarà Karl S. Rehberg, venuto a Trento da Dresda a festeggiare nel 2002 il 40°anniversario dell’università, a spiegare perché le facoltà di sociologia nascono, inizialmente, in città periferiche, in Italia, in Germania, e altrove. La sociologia nasce come "contropotere" rispetto alla società reale, è la critica delle disuguaglianze, dello sfruttamento, dell’alienazione. Nell’età della globalizzazione - disse - deve accogliere i nuovi problemi, deve tornare a far "arrabbiare".

E Concetto Vecchio racconta una storia di arrabbiature dei giovani contro l’autorità. "L’obbedienza non è più una virtù", scrive don Lorenzo Milani. Gli studenti disobbediscono ai professori, i figli ai padri, gli operai ai padroni, i fedeli alla chiesa, e infine, dentro il movimento, le donne (le femministe) agli uomini. E tutti insieme gli oppressi si ribellano al "sistema" del capitalismo militare, fascista, imperiale, in Italia e nel mondo. L’"università critica" è il momento più alto, con i corsi autogestiti, della disobbedienza. A Trento accorrono, in folla, giovani da tutta Italia: duecentoventisei nel 1962, duemilaottocento nel 1968.

Le pagine sono fitte di nomi e di fatti. Di vita e di morte. Di amori e di abbandoni. Di carezze e di violenze. Di assemblee e di attentati. Di successi e di fallimenti. A scuola e in fabbrica. In casa e sulla strada. In chiesa e nei palazzi della politica.

 

E

una generazione "fortunata" quella del ’68. Il clima che ci viene riconsegnato dalle testimonianze è di un’età in cui i due piani del tempo biografico e del tempo collettivo si intersecano, non rimangono separati. La partecipazione a un movimento permette a quei giovani di elaborare mentalmente una concezione del tempo storico. Cioè la consapevolezza che un mondo esiste prima di noi, e che ne esisterà uno dopo, a trascendere la vita individuale di ognuno. E il mondo futuro può essere costruito diverso. Che è la coscienza storica.

Talvolta i programmi di studio di quegli anni, concordati, (quasi) imposti dagli studenti dopo lotte (e occupazioni) anche lunghe, sono accusati di essere schiacciati sull’attualità. Nel convegno del 2002 è questa l’accusa di Paolo Prodi e di Guido Baglioni. Certo urgeva il bisogno di sapere "perché" si studia. E si rispondeva: per esercitare "un’azione rivoluzionaria" sul mondo.

Forse solo un’altra generazione, quella della "Resistenza", fu altrettanto fortunata, visse un’analoga effervescenza collettiva. E con la resistenza il sessantotto fece i conti in modo originale. Il problema non è tematizzato nel libro, se non per accenni, ma ad essa, per via familiare, sono legati alcuni esponenti di spicco del movimento studentesco trentino. La somiglianza fra il disobbedire esistenziale dei partigiani e quello degli studenti, fra la "comunità liminare" degli uni e degli altri, viene scoperta in tutto il suo fascino. Uno studente cattolico paragona il "tradimento" del concilio a quello della resistenza.

Alla memoria egemone è però mossa una critica interna: rispetto alla dimensione patriottica, unitaria, di liberazione nazionale, si privilegia la dimensione di classe, all’antifascismo "tricolore" viene contrapposto l’antifascismo "rosso". "La Resistenza è rossa, non democristiana", diverrà lo slogan gridato il 25 aprile nelle manifestazioni separate degli anni ‘70. Il fascismo è interpretato come controrivoluzione antiproletaria, e a fascismo oppressivo è ridotto il potere "borghese" dello Stato repubblicano.

Sarà uno storico come Guido Quazza a elaborare in forma organica la tesi della Resistenza "tradita" o "incompiuta", la continuità quindi fra la rivolta partigiana e la rivolta studentesca, nello sforzo di comprendere, per rispondere alla violenza "istituzionalizzata", anche il ricorso a forme di violenza "illegale". Fascismo diviene una categoria estesa, illimitata. L’antifascismo, simmetrico, è maneggiato come una clava, minacciosa. Da "esistenziale" si trasforma in "militante". E, dopo la strage di piazza Fontana, l’abbattimento dello Stato, ormai divenuto fascista, esige per alcuni il ricorso alla lotta armata.

 

L

e aporie di Quido Quazza hanno origine dal suo rifiuto di ammettere che il regime fascista ha avuto consenso, non è stato "una chiesa senza fedeli". La Costituzione, che a quello storico pare un tradimento della resistenza, (il patto del 1948 sarebbe un inganno, in quanto frutto dell’unità fra i moderati e una sinistra cedevole), ne è in realtà il risultato più pieno. Il Sessantotto, nei suoi eccessi rischiosi, ha il merito di rivitalizzare il dibattito. Nella resistenza, qualche anno dopo, con franchezza maggiore, sarà riconosciuto, dalle ricerche di Claudio Pavone, anche l’aspetto di "guerra civile".

Ma i ‘70 non sono solo anni di piombo. Non fu fatta la rivoluzione, perché non è possibile, in occidente, nei tempi moderni. "E poi, non sapevamo parlare alla gente, questa è la verità", riconosce oggi, una donna del movimento femminista di allora.

Il divorzio, e l’aborto, (ma anche il nuovo diritto di famiglia, lo statuto dei lavoratori, la liberalizzazione degli accessi all’università), dopo che la società è maturata dal basso, vengono riconosciuti con leggi del parlamento. Poi difese nei referendum con i quali forze integraliste (cattoliche) cercano di abrogarle. L’onda lunga del ’68, di partecipazione alla politica, in quelle conquiste è determinante.

E’ vero, anche in quelle occasioni fu attivata una "mobilitazione antifascista", contro il "fascismo di Stato" della Democrazia cristiana. Era un fraintendimento. Adriano Sofri lo ha riconosciuto proprio qualche giorno fa, in videoconferenza a Trento, parlando sul referendum per la fecondazione assistita. Adesso che di quest’ultima prova conosciamo il fallimento, sulle cause, vicine e lontane, del dove abbiamo sbagliato, ognuno deve interrogarsi.

 

A

nche sulle energie che abbiamo perso per strada, dobbiamo interrogarci, figure che non ci lasciano in pace. Dei cento nomi citati nel libro, voglio ricordare solo quello della nostra (di Trento) Mara Cagol, che nel 1969 scrive alla mamma: "Tutto ciò che è possibile fare per cambiare questo sistema, è dovere farlo, perché questo io credo sia il senso profondo della nostra vita. La vita è una cosa molto importante per spenderla male o buttarla via in inutili chiacchiere".

I miei studenti, con il passare degli anni, si sentirono sempre più estranei ai loro fratelli maggiori del ’68. Anzi, "erano strumentalizzati dalla politica", un giorno cominciarono a dire. E così, mutati, i più giovani si diplomarono, si iscrissero anche all’università. Certo, quei loro antenati avevano sbagliato, in alcune scelte. Ma avevano capito che la storia è dotata di uno sprazzo di senso. Almeno.

E’ questo il messaggio del libro. Brillante, leggibile: frasi brevi, parole non troppo lunghe. "Il 27 aprile 1966, all’università di Roma, c’è scappato il morto". Che nel raccontare una tragedia, la prima, l’assassinio di Paolo Rossi, uno studente che desiderava diventare architetto, nel registro linguistico abbia una caduta, a Concetto Vecchio lo perdoniamo.





Ricordi dal passato di lavoro

In occasione del Natale 2005

Cara ...

molte grazie per l'invio della Carta etica delle professioni. Ci tenevo molto a leggerla e pensarla

E ancora di più mi ha fatto piacere rileggere la tua nitida e bella calligrafia che ho ben conosciuto negli anni 1978-1994

Qualche giorno fa  ...  mi ha parlato della Scuola (per me è stata sempre "la scuola"). Da quanto ho appreso, dopo gli ultimi pensionamenti si è chiuso un ciclo storico.

La Scuola è stata un importante istituzione culturale. Pe Milano, per la Lombardia e in un certo senso anche per una parte del paese.

Sono davvero molto orgoglioso di esserne stato parte.

E' un bel pezzo della mia storia personale che mi porto dietro , verso la vecchiaia


Sogno

16 febbraio 2005

Un sogno più evolutivo di altri.

Collaboro con Cacciari.

C'è molta distanza fra noi, però ci aiutiamo a sistemare un Personal Computer.

Collegio universitario. Stanza collettiva grande. Gruppo di donne e uomini. Ho già un posto, ma devo trovarne un altro perchè ci sono persone uscite e nuovi arrivi.


Musica

Trascrivo un appunto di chissà quanto tempo fa:

"Sentiamo veramente di avere un' "anima", solo quando ascoltiamo musica"

Émile Cioran

Ecco, questo è quello che provo quando ascolto cantare Nina Simone


Memoria che si inceppa

"L'ésprit de l'escalier"

Quando la frase giusta ti viene dopo. Appunto: sulla scala.

Sentita forse in un film.


Citazioni di giornata

16 novembre 2005

Ricevo questa citazione:  "Beato chi non si aspetta nulla, perchè non sarà mai deluso" di Alexander Pope.

Un po' cinica ma statisticamente vera.  Faccio una ricerca sulla meravigliosa rete per sapere chi è Alexander Pope.


Politica italiana: novità sul fronte laico

7 novembre 2005

Caro Ferrario,

le sue parole di apprezzamento e di condivisione risultano particolarmente gradite perchè sono la migliore verifica, insieme alle molte altre che ogni giorno mi pervengono da compagni iscritti e da cittadini non iscritti allo SDI, della validità della linea che abbiamo intrapreso dando vita all'alleanza con i radicali, in tema delle libertà e dei diritti civili e per la difesa della laicità dello stato.

A quest'ultimo riguardo voglio ancora una volta affermare, come più ampiamente ho detto ieri al Consiglio Nazionale del partito (il testo del mio intervento lo può trovare sul sito www.sdionline.it) che non ho mai inteso aprire una "questione religiosa", ma  sottolineare che esiste invece una "questione vaticana e delle gerarchie ecclesiastiche" che interferiscono pesantemente nella vita politica del nostro paese dettando scelte che appartengono ai partiti e usufruendo al contempo dei privilegi garantiti dal concordato. Il problema è serio e proseguiremo con forza e impegno sulla strada intrapresa così come sulla difesa della scuola pubblica  e sui molti altri temi che abbiamo discusso con gli amici e compagni radicali nella Convenzione di Fiuggi. Sono fermamente convinto che la "Rosa nel pugno" saprà recitare un ruolo fondamentale nella formulazione del programma di governo che il centrosinistra si accinge a scrivere e a sottoporre al voto degli elettori nella prossima primavera.Augurandomi che quanto ci ripromettiamo di fare possa incontrare il suo consenso avendola, così, al nostro fianco nelle difficili battaglie future per il cambiamento e il rinnovamento del paese, le ricambio i saluti più cordiali 

Enrico Boselli

 

Caro Boselli

sono politicamente molto contento della nascita di questa alleanza socialisti-radicali 

E' una vera novità sulla scena della politica italiana.

Per molti motivi:

- finalmente un'area laica che ripropone temi importanti per lo Stato italiano, in particolare quello della laicità, sotto attacco da parte dei fondamentalismi e dai condizionamenti religiosi sulla sfera pubbblica;

- finalmente un'area politica che mette sui manifesti Tony Blair, l'unico politico della sinistra che nell'ultimo decennio ha innovato senza disperdere i valori e le azioni della cultura social-democratica europea, sconfiggendo il partito conservatore;

- finalmente un'area politica che dà voce ad Emma Bonino ("Ritirarsi dall'Irak vuole dire mettere quel paese nelle mani dei tagliatori di teste ..."). La vorrei Ministro degli Esteri, assieme a Sergio Cofferati come Ministro degli Interni

Questo e altro ... 

Sono un ex iscritto al Pci/Pds ecc. (dal 1974 al 2002 ! Mi sono dimesso con tristezza, anche dai miei 25 anni di militanza attiva,  per seri dissensi sulla politica estera). E ho  votato e continuo a votare Centro-Sinistra (col trattino).

Ma non sono d'accordo con la politica estera dell'Ulivo/Unione.

Ho preso sul serio l'attacco dell '11 settembre.

Sono talmente poco d'accordo che potrei finire fra gli astenuti nelle prossime votazioni. 

La vostra mossa politica mi riconcilia e vedo con piacere che dentro la coalizione che si batte contro la deriva etica del Governo Berlusconi ci siano pezzi della alleanza che fanno valere altri valori ed altre priorità. 

Se continuate con coerenza non mancherà il mio voto. E auguro che il sistema proporzionale premi la vostra intuizione

 

Grazie per l'attenzione

Cordiali saluti

Paolo Ferrario

 


Il cinema racconta ...

6 novembre 2005

Qualche sera fa abbiamo visto Le ricamatrici di Eléanore Faucher. Ci è piaciuto a tutti e due. Na abbiamo parlato mentre attraversamamo Como, per tornare a casa.

Oggi vedo che i critici lo hanno maltrattato. Così, preso da una insolita energia, ho scritto questa annotazione che ora  è su http://www.film.tv.it.

 

Andate a vedere questo film, senza l'idea di dover esprimere micromegalomaniaci (Carmelo Bene) giudizi critico-estetici . Lasciatevi prendere dai silenzi, dai gesti che dicono molto di più delle parole. E' una storia di solitudine che trova una via di uscita attraverso un incontro con una persona e con un lavoro che richiede pazienza, oltre che gusto artistico. Lasciatevi commuovere dagli occhi della ragazza che corre avanti e indietro con il suo motorino per sopravvivere. Osservate coma la ricamatrice-nuova madre guarda la ragazza e l'aiuta e riprendere contatto con la vita, anche se lei ha appena perso il figlio.

La storia vi sottopone una possibilità: si può ri-imbastire la vita, proprio come in un ricamo.

Spero di vedere altri film di Eléanore Faucher. E' brava, sa usare la cinepresa, sa scegliere gli attori, sa raccontare una storia. Forse i film devono essere visti senza le recensioni dei critici. Forse sono del tutto incapaci di apprezzare un film così "ricamato". Forse hanno bisogno solo di usare la "testa" e non sanno più di avere un "cuore".

 

Internet è davvero grande. Infatti su http://www.mymovies.it trovo finalmente una recensione di Andrea Chirichelli  in linea con il nostro sentire:

Claire ha diciassette anni. Quando scopre di essere incinta di cinque mesi, decide di partorire in gran segreto. Trova rifugio dalla signora Melikian, una ricamatrice che lavora per l'alta moda. Giorno per giorno, punto dopo punto, man mano che la pancia di Claire cresce, fra le due donne si instaura un rapporto madre-figlia.
Perché i francesi riescono a girare film che gli italiani non realizzerebbero nemmeno sotto tortura? Questo interrogativo persiste nel cuore dello spettatore dopo la visione dell'ennesimo piccolo-grande capolavoro d'oltralpe. Strepitose le interpreti (Arianne Ascaride, musa di Guediguian, triste e depressa nell'elaborazione del lutto che l'ha colpita, ma capace d'un tratto di illuminarsi con un sorriso e Lola Neymark, dalla strepitosa chioma rosso fuoco), e valida anche la regia della Faucher che predilige i primi piani ed i colori pastello per raccontare una storia di ordinaria tristezza ma credibile nel suo happy end. Poche parole, mai fuori luogo, un film finalmente non urlato, fintamente dimesso, misurato, pudico e riuscito, da vedere.

 

Ora sono un po' più riconciliato con i critici


Politica e sicurezza

4 Novembre 2005

A Bologna il sindaco dei Democratici di sinistra Cofferati è sotto attacco.

Rifondazione comunista e affini gli organizzano proteste di piazza sotto il palazzo comunale per la sua politica basata sulla formula "la legalità è di sinistra". Per loro , invece, l'illegalità è di sinistra.

Ora hanno trovato bombe a lui indirizzate che potevano essere pericolose e la moglie subisce minacce  in lettere anonime. La solita storia: mafia interiore.

La cosiddetta sinistra di Rifondazione gli ha espresso blanda solidarietà, aggiungendo subito che però continueranno ad attaccarlo per le sue delibere di repressione agli insediamenti illegali. La destra della Lega non si è associata ai messaggi di solidarietà, perchè Cofferati "è stato un sindacalista che ha creato un clima di odio contro il professore Biagi" (ammazzato da fanatici ispirati alle brigate rosse).

Tempi bui per i riformisti della sinistra che finalmente stanno impostando un ragionamento sulla sicurazza. Tema cruciale per le nostre democrazie.

Ma il mio pensiero va a Gianpaolo Pansa, quando dice che "prima o poi bisognerà spiegare perchè, storicamente, dove ci sono i comunisti ci sono anche assassinii politici".

I gulag e il terrorismo individuale.


Alberi e reminiscenza

2 Novembre 2005

In questo autunno leggermente soleggiato sono andato a fotografare l'albero della mia adolescenza.

Là dietro c'era una pergola. Vi ho passato molti pomeriggi, intorno ai 12  o 14 anni. Con M., A. e la famiglia B.

L'Albergo era grande, con corridoi e locali misteriosi. Il cortile era adibito a parcheggio per camion che facevano servizi trasporti.

L'albero era già allora grande e bello. Ora lo è ancora di più. E' stato miracolosamente risparmiato dalle varie ristrutturazioni edili

Fa un po' di impressione pensare che abbiamo trascorso quasi 50 di vita parallela.

Sono contento di essermi ricordato di lui. Lo andrò a trovare lungo le stagioni.

Ora le sue fotografie fanno memoria in Alberi.

Politica e comunicazione

2 Novembre 2005

Caro Pier Luigi Bersani

volevo solo comunicarle la mia stima per il suo modo competente ed ironico  di fare politica (trovo il suo linguaggio molto efficace: vorrei raccogliere le sue battute. L'ultima che metterò sul mio sito è "Io mi accontenterei di essere normale")

Sogno un paese in cui a governare fossero i Bersani, i Letta, i Cofferati (ministro dell'Interno) le Bonino (agli esteri), i Follini,  i Tabacci ...

immagino che alcuni nomi le daranno fastidio, ma io rischio di passare al gruppo di coloro che si astengono dal votare pensando ai Bertinotti, ai Diliberto ...

Grazie per l'attenzione

Cordiali saluti

Paolo Ferrario


Il cinema racconta ...

Vediamo, finalmente (il film è del 2003), "Le invasioni barbariche" di Denis Arcand.

La storia si svolge a Montreal, Canada, fra ospedali, feed back ed un lago..
Professore di letteratura dalla vita libertina (già protagonista del precedente filim di Arcand "Il declino dell'impero americano") si ammala gravemente di cancro a 50 anni.
Il figlio, con efficacia ed amore, gli organizza gli ultimi momenti, che saranno l'occasione per rivedere i miti della generazione nata negli anni '50. Morirà accompagnato dalla ex moglie, gli amici e le amanti in una situazione "corale" che mette assieme ed elabora la vicenda collettiva di una generazione. I figlio torna in Europa con la moglie che ama, ma anche con il dubbio di avere perso un'altra possibilità della sua vita
Marie-Josée Croze, che interpreta la tossicodipendente che si assume la responsabilità dell'eutanasia, buca lo schermo con una recitazione indimenticabile.



Terrorismo e vita quotidiana

23 settembre 2005. Oggi a Milano sulle linee delle Ferrovie Nord, che sono quasi una mia seconda casa (in 33 anni di lavoro - finora - è come se avessi usato quei vagoni e quei sedili per ben 495 giorni di fila ),  è stato simulato un attacco terroristico a scopo di esercitazione.  La situazione era impressionante.  Si realizza così  l'obiettivo di questa ideologia: quello di militarizzare le società, turbarle nella loro quodidianità, insinuare la paura nei gesti più normali.

Annoto questa riflessione di Giuliano Amato:

La sicurezza, che fondamentalmente consiste nel poter vivere la propria vita quotidiana (e quindi dormire nella propria casa, camminare per la strada, viaggiare, incontrare altre persone) senza sentirsi a rischio, è il presupposto essenziale della libertà. Ma la tutela della sicurezza comporta limitazioni della libertà, o quanto meno di alcune delle sue principali estrinsecazioni. E´ un circolo vizioso, che negli ultimi secoli ha cercato di spezzare la democrazia liberale, con il suo assunto e con le regole che ne sono seguite: più si promuove e si garantisce la libertà di tutti coloro che vivono insieme, più si diminuiscono i nemici del regime comune e conseguentemente si diminuiscono i rischi per la sicurezza. Gli organi di polizia, vegliando contro la criminalità comune, veglieranno sulla libertà di tutti gli altri.

Sul piano soggettivo trovo tristemente inquietante e deprimente che, dopo aver schivato qualche  malattia infettiva, il cancro e l'infarto (sempre finora), fino ad arrivare alla pre-vecchiaia, mi potrebbe anche capitare di morire o diventare invalido perchè alcuni ricchi arabi di cultura musulmana hanno deciso di fare la guerra.

Sul piano collettivo osservo la fragilità delle nostre strutture sociali: mondi in cui si è storicamente sviluppata una opinione pubblica molto articolata e differenziata, che arriva fin nelle zone più intime della personalità, ma che soccombe davanti all'attacco di queste ideologie religiose compatte, rigide, irrispettose dei diritti individuali ed anche armate.

Infine sul piano politico mi sento un po' deficiente, visto che - a causa della "questione morale" di questa destra italiana -  mi vedrò costretto ancora a votare la coalizione di centrosinistra, al cui interno - nel nome del relativismo -  ci sono forti i sostenitori delle ragioni politico-culturali dei fondamentalismi radicali e che è incapace di progettare una decisa difesa dall'attacco terrorista.

E' tutto davvero troppo strano.


Il cinema racconta ...

16 settembre 2005

    

Da commentare. Per ora annoto questa bella recensione di Million Dollar Baby.

 

 


Il cinema racconta ...

Accostarsi alle storie che il cinema propone con questa mappa mentale:

 

 

La distinzione fra "Racconto" e "Trama" mi arriva da questa pagina che mi è venuta addosso una notte, quando mi sono improvvisamente svegliato a causa di un sogno, presto dimenticato.

 

 

in James Hillman, Le storie che curano. Freud, Jung, Adler (1983), Raffaello Cortina, 1984, p. 10


Il cinema racconta ....  

 

Film visti durante la pace stiva del 2005. Agosto/Settembre:

  *  A SPASSO CON CATHERINE

di LEITCH CHRISTOPHER,  USA  1998,  86'

Anziana signorina, turbata per la morte di una amica fa un lungo viaggio con un taxista.

Fa nuove amiicizie e ritrova energia per vivere ancora.

Film che sa raccontare una storia

  *  AMICI PER LA VITA

di GLEESON DAVID,  IRL  2003,  91'

Crescere.

Uno lavora come impiegato , ma vorrebbe dedicarsi alla pittura. L'altro studi da sarto di moda ed è gay.

Si aiuteranno a vicenda per cercare la loro strada nella vita

Bel film di formazione

  *  BALLROOM - GARA DI BALLO

di LUHRMANN BAZ,  AUSTRALIA  1992,  94'

Ottimo ballerino di liscio trova una nuova compagna per fare un ballo diverso.

Gioioso e coinvolgente

  *  BETTY LOVE

di LABUTE NEILL,  USA  2000,  110'

Betty Sizemore, cameriera sognatrice e sensibile di Oaks nel Kansas, è una fedelissima fan della soap

opera "A Reason to Love". La donna è sposata ad un marito ignorante e fedifrago che nonostante tutto

ama. Il giorno del suo compleanno, mentre guarda la sua soap, assiste all'omicidio del marito da parte di

due killer. La scena è devastante e nella mente di Betty la sottile linea che demarca realtà e fantasia ha

uno smottamento. Così la donna comincia a scambiare il mondo catodico per la vita reale. Betty si

allontana dal Kansas e approda a Los Angeles sul set della soap, alla ricerca del dottor Ravell che crede

uno suo ex fidanzato, inseguita dai killer e dalla polizia.

  *  LE  BICICLETTE DI PECHINO

di XIAOSHUAI WANG,  CINA  2001,  113'

Storia costruita attorno ad una bicicletta che due ragazzi si contendono. 

Recensione da http://www.cinefile.biz/pechino.htm

Pechino, oggi. Il giovane Guo arriva dalla campagna in cerca di un lavoro che gli possa garantire un

futuro migliore di quello da agricoltore; supera la selezione per diventare "Pony Express" in bicicletta per

una ditta che consegna documenti urgenti. Gli viene affidata una mountain bike nuova fiammante, che

potrà riscattare lavorando (fino ad allora non sarà pagato) e che poi potrà tenere per sempre. Comincia

in questo modo l'avventura del giovane, che si trasformerà presto in disavventura quando la preziosa

bicicletta gli verrà rubata e successivamente venduta ad un giovane studente, Xiao... 

Cui Lin e Li Bing"Le biciclette di Pechino" è uscito nelle sale italiane quasi in sordina, ed è un peccato,

perché è sicuramente una pellicola che merita di essere vista. Innanzitutto poiché alle spalle ha una

sceneggiatura scritta davvero bene, senza cedimenti o incongruenze, molto equilibrata, che tiene bene

dall'inizio alla fine del film. Molto bella è infatti la vicenda dei due giovani, ferocemente in lotta l'uno contro

l'altro per tenere la bicicletta che, se per il primo è mezzo di sostentamento e di liberazione dalla

schiavitù di una vita senza futuro, per il secondo è mezzo di emancipazione di fronte ai suoi compagni

ed alla ragazza della quale è innamorato e sulla quale vuole fare colpo. La Pechino che gli autori ed il

regista ci presentano è la città delle incongruenze: lussuosissime terme private e poverissimi negozi di

alimentari; fiumi di biciclette e palazzi desolati in costruzione; uffici iper-tecnologici e desolanti quartieri di

bambini nudi e cani randagi, ed è lo sfondo ideale per una narrazione di impostazione sicuramente

neorealista, che deve molto a certo cinema europeo dell'immediato dopoguerra. 

Una scenaDal punto di vista tecnico segnaliamo una fotografia interessante, che rappresenta senza

mezze misure un mondo spietato nel quale solo chi è più forte ha qualche chance di emergere; la

scenografia praticamente inesistente, tanto che si ha la sensazione che nella maggior parte dei casi il

girato sia stato realizzato in presa diretta, e che le comparse non siano nemmeno state selezionate o

informate su quello che stava accadendo, ma vogliamo soprattutto evidenziare la recitazione di ottimo

livello dei due protagonisti, molto spontanei e convincenti in ogni momento del film (entrambi premiati al

Festival di Berlino come miglior attore protagonista). 

"Le biciclette di Pechino" è un film da vedere, soprattutto se si vuole aprire un po' il proprio orizzonte

cinematografico, e non finire per fossilizzarsi nelle produzioni europee, ma soprattutto americane, che

hanno preso ineluttabilmente il sopravvento su tanto buon cinema.


 

  *  IL  BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE

di FRIEDKIN WILLIAM,  USA  1971,  104'

Jimmy Doyle, della squadra narcotici di New York, malvisto dai superiori per i suoi metodi poco

ortodossi, è sulla pista di un grosso traffico di droga. Dopo un parziale insuccesso il caso gli viene tolto,

ma lui continua le indagini. Quando finalmente è in grado di ottenere un importante risultato, non tutto va

per il verso giusto. 

Uno dei polizieschi migliori di sempre, diretto con mano sicura dallo specialista Friedkin. Memorabile la

sequenza, lunghissima, dell'inseguimento tra automobile e metropolitana. Contesto iperreale dove i

confini tra "bene" e "male" sembrano inesistenti: il poliziotto è un violento perverso, lo spacciatore un

europeo raffinato. Ridisegnata la geografia del noir e del gangster movie. Parecchie polemiche seguirono

 la distribuzione, data la violenza di alcune scene. Cinque Oscar: miglior film, miglior regia, miglior attore

protagonista (il bravissimo Hackman, lanciato da questo film), montaggio e sceneggiatura. Con un buon

seguito, diretto da John Frankenheimer.

 

 

  *  CONCORRENZA SLEALE

di SCOLA ETTORE,  ITA  2001,  110'

Fascismo.

Le leggi razziali contro gli ebrei del 1938 fanno finire le rivalità fra due commercianti di stoffe e danno

avvio ad una amicizia 

Recensione da: http://www.cinematografo.it/bdcm/bancadati_scheda.asp?sch=37734

Nel 1938 due commercianti di stoffe hanno i propri negozi nella stessa via di Roma. Fanno lo stesso

lavoro, hanno famiglie simili, appartengono alla stessa classe sociale. Dapprima sono divisi da una

rivalità professionale che alimentano con furbizia, ma poi diventano amici quando uno dei due, di

religione ebraica, è privato delle libertà fondamentali dalle leggi razziali. TRAMA LUNGA Una strada di

Roma, nel 1938. Il milanese Umberto ha un negozio di sartoria, e proprio a fianco c'è la merceria di

Leone, romano, estroverso, simpatico. I due non hanno una buona convivenza, anzi si detestano.

Umberto vede che quando abbellisce la vetrina o attacca dei cartelli promozionali, subito Leone sfrutta

quelle idee a proprio vantaggio. Se i genitori sono in contrasto, i figli invece si frequentano: quelli piccoli

vanno a scuola insieme, giocano, e uno di loro commenta gli avvenimenti; quelli grandi (il figlio di

Umberto e la figlia di Leone) si innamorano e vorrebbero fidanzarsi. Un giorno dopo l'ennesima lite,

Umberto apostrofa Leone: "Voi ebrei siete tutti uguali". Leone si ritira in negozio con l'anziano padre. Di lì

a poco il Governo promulga le leggi razziali contro gli ebrei. Leone e famiglia devono restituire la radio,

licenziare la cameriera ariana e il piccolo è costretto a lasciare la scuola. Quando Leone si ammala,

Umberto va a casa a trovarlo, e tra i due nasce una istintiva complicità. Ma ormai il meccanismo si è

messo in moto. Poco dopo essere tornato in negozio, Leone è costretto a chiudere. Una mattina carica

mobili e masserizie, fa salire la famiglia poi si siede accanto a loro. Il camion si allontana. Umberto lo

saluta con sguardo preoccupato. 

"Ettore Scola ha fatto un bel film, sobrio e toccante, delicato e divertente, per raccontare come e quanto

gli italiani possano essere razzisti, anche se di sé pensano il contrario. Due famiglie di commercianti

rivali, una ebrea e l'altra no, sono testimoni di cosa accadde nel 1938, l'anno in cui vennero promulgate le

 leggi fasciste contro gli ebrei, a Roma città di Mussolini e di quel Vaticano che rimase inerte di fronte alla

 legalizzazione dell'antisemitismo. La vicenda è discontinuamente vista con gli occhi (e con i disegni) di

un bambino. Diego Abatantuono è, tra gli interpreti italiani e francesi, il più eloquente, il più bravo". (Lietta

Tornabuoni, 'La Stampa', 23 febbraio 2001) 

"Il soggetto di Furio Scarpelli parte da uno spunto originale: la concorrenza di due negozi contigui, una

sartoria di tradizione in calo gestita da Umberto e una merceria emergente sotto la spinta di Leone, che

si trasforma ben presto (forse troppo) in una solidarietà quando interviene la campagna razziale. I rivali

sono Diego Abatantuono e Sergio Castellitto ed entrerà nelle antologie la scena in cui scoppiano a ridere

sulla disavventura di un parente fascista che si è sparato al piede. In un film che tende a privilegiare la

descrizione sulla narrazione, Scola si conferma un maestro nel far rivivere al naturale gli ambienti e i

personaggi dell'epoca che già illustrò nel suo capolavoro 'Una giornata particolare'. 'Concorrenza sleale'

è prodotto alla grande da Franco Committeri, con una strada che sembra vera creata dallo scenografo

Luciano Ricceri, una espressiva fotografia di Franco Di Giacomo e un commento musicale 'firmato' al

pianoforte dal grande Armando Trovajoli". (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 24 febbraio 2001) 

"Da 'Una giornata particolare' a un angolo de' Roma nel sedicesimo anno dell'era fascista. Sempre per

raccontarci la solidarietà tra gli esclusi e il rifiuto di marcare i 'diversi' da parte delle anime semplici. In

'Concorrenza sleale' c'è in più un tentativo di coralità, in meno tutto il resto. Scola si avvale di un

soggettista-sceneggiatore della vecchia guardia, Furio Scarpelli, e gli affianca due figli d'arte. L'intento

evidente è quello di tessere a più mani, attorno ai due personaggi centrali - titolari di negozi

d'abbigliamento attigui - una serie di quadretti d'ambiente che un po' alla volta facciano sbalzare il profilo

drammaturgico della storia. Questo però non avviene. Soltanto i duetti tra il burbero milanese Umberto,

gestore della premiata sartoria Melchiorri, e il merciaio Leone, ebreo col senso dell'umorismo de' noartri,

raggiungono momenti toccanti e di buona tenuta spettacolare. Così la storia dei due acerrimi concorrenti

in commercio che scoprono nell'ingiustizia la molla della conciliazione fa l'effetto di una minuscola perla

preziosa incastonata nell'ottone. Abbonda invece il macchiettismo: nella famiglia ariana c'è addirittura un

cognato fannullone simil-Amarcord, e i piccoli Lele e Pietruzzo eleggono la moglie del profumiere a

Gradisca di turno. Imperdonabile è soprattutto il personaggio del prof Depardieu, fratello d'Abatantuono,

buttato là a sobillar le coscienze e non degnato di un cenno di commiato". (Alfredo Boccioletti, 'Il Resto

del Carlino', 25 febbraio 2001) 

"Ettore Scola torna alla 'giornata particolare' delle leggi razziali fasciste del '38, ma espande l'unità

temporale, focalizza il racconto su due commercianti e manifesta, purtroppo quasi in forma didattica e

picaresca, l'infelice ordine nuovo che portò alla deportazione ebraica. Nel 'quasi', però, ci sono i margini

positivi della visione: il quartiere-set dove, tra negozi, vicini di casa, posto di polizia e osteria, ricrea l'Italia

solidale e ignara rotta e divisa dalla partecipazione alla 'soluzione finale'; il duo mattatoriale, equilibrato e

rattenuto, composto dal sarto d'altri tempi Diego Abatantuono e l'esercente ebreo d'abiti confezionati  

Sergio Castellitto. Sono invece segnatamente accattivanti e convenzionali, lo stratagemma narrativo

dello sguardo infantile e la costellazione di figurine di contorno del piccolo mondo antico, di cui, però, a

volte c'arriva in picchiata un'eco di semplicità e orgoglio, un frammento di vita vissuta. La sceneggiatura

è firmata da Scola con Furio Scarpelli e con i figli d'entrambi. Che non erano ancora nati". (Silvio Danese,

 'Il giorno', 24 febbraio 2001) 

"I personaggi di 'Concorrenza sleale' sono figurine d'epoca: il gerarchetto e la commessa innamorata del

 principale, il commissario ed il maestro di pianoforte, il nonno combattivo e l'orologiaio fuggito dalla

Germania. In questo, il film di Scola evoca 'Amarcord', memoria che torna anche nell'attrazione dei due

ragazzini per la bella profumeria. Però, man mano che procede verso la fine il film vira all'amarezza e

alla malinconia quando la presunta bonomia italiana non vale a impedire la peggiore ingiustizia. Nella

dettagliata ricostruzione d'epoca, tra Idrolitica e le figurine Liebig, Abatantuono e Castellitto immettono i

loro talenti recitativi moderni. Basta veder la scena in cui cercano di non ridere per l'incidente occorso al

cognato fascista del primo: roba buona come poc'altra per le prossime antologie del cinema italiano".

(Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 11 marzo 2001) 

"Che bel film è 'Concorrenza Sleale'. Guardando ai lavori di Scola, potremmo dire che incrocia l'epoca e

l'unità di 'Una giornata particolare' con la coralità de 'La famiglia' per la mano sicura con cui Scola e

Scarpelli tratteggiano i due mondi contrapposti (...) E senza mai cadere nell'anedottico, ma dando

all'insieme la massima vivacità a forza di invenzioni, precisione di linguaggio, ovvero di cura per tutti quei

dettagli che danno il sapore di un'epoca..." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 22 febbraio 2001)

  *  L'  IMPORTANZA DI CHIAMARSI ERNEST

di ASQUITH ANTHONY,  GB  1952,  95'

Due ricchi sapoli "dandy", decisi a sposarsi dopo le avventure giovanili,  si inventano una seconda

personalità che risponde al nome di "Earnest" ("serio" in inglese).

Due ragazze credono così di amare uno stesso uomo, poi si rendono conto di essere state ingannate.

Alla fine Jack scoprirà di essere stato abbandonato in fasce, che Algernon è suo fratello e che il suo vero

nome è proprio Ernesto.

Infallibile e perfetta commedia ad incastri

  *  LOVE ACTUALLY - L'AMORE DAVVERO

di CURTIS RICHARD,  GB  2003,  135'

Molte storie che si intrecciano in affresco dedicato all'amore

  *  MATILDA 6 MITICA

di DE VITO DANNY,    1996,  93'

Tema: meglio nascere orfani.

al centro una bambina capace di autogestirsi perfettamente. Matilda sa cucinare, è una grande lettrice ed

 è sensibile. Peccato che abbia dei genitori decisamente odiosi. Diventa allora indispensabile cercare di

allontanarli da sé. Come diventare orfani volontariamente.

  *  MOONLIGHT MILE. VOGLIA DI RICOMINCIARE

di SILBERLING BRAD,  USA  2003,  112'

Ferite e rielaborazione del lutto.

La fidanzata viene uccisa. Il ragazzo, in un percorso personale, aiuta i suoi genitori a superare il loro

grande dolore  e riesce anche  a cominciare una nuova storia.

Film in cui predomina il sentimento e che insegna la possibilità di riprendere il cammino anche dopo la

caduta.

Scene da ricordare: Sarandon alla macchina da scrivere; Hoffman che parla a Jake Gyllan e lo invita ad

andare

  *  MY LIFE - QUESTA MIA VITA

di RUBIN BRUCE JOEL,  USA  1993,  116

Il tempo che resta.

Diagnosticato come malato terminale di cancro, vuole lasciare una traccia di sé e recupera col cuore la

sua storia familiare.

Scene da ricordare: la comunicazione della diagnosi; il rapporto con il terapeuta cinese e con la

infermiera negra.

Intensa e dolorosa l'interpretazione di Michael Keaton

 

  *  OMICIDI DI PROVINCIA (FLESH AND BONES)

di Kloves Steve,  USA  1993,  111'

Giallo esistenziale.

Il figlio ritrova adulta ed amabile  la bambina che il padre (un carogna veramente tremenda) vorrebbe

uccidere, dopo avergli sterminato i genitori.

Il tema è l'amore impossibile ed il film è hopperiano e bellissimo

  *  LE  PAGINE DELLA NOSTRA VITA

di CASSAVETES NICK,    2004,  127

Una donna anziana affetta dal morbo di Alzheimer si sente narrare da un altro ricoverato la storia di un

amore nato negli anni Trenta.

In realtà quell'amore non è frutto della fantasia di uno scrittore.

  *  LE  PAROLE DI MIO PADRE

di COMENCINI FRANCESCA,  ITA  2001, 

  *  PRIMAVERA, ESTATE, AUTUNNO, INVERNO E ANCORA PRIMAVERA

di KIM KI-DUK,  COREA  2003,  103'

E' il racconto della vita che si svolge in un luogo non luogo, immerso nella natura di Taiwan. In una casa-

isola su un laghetto si svolgono gli insegnamenti e le esperienze di due monaci, uno adulto e uno

giovane. Le stagioni passano, e ognuna di esse è un periodo dell'esistenza, vissuta fra felicità e dramma,

 sotto la veglia di un'immancabile e insostituibile spiritualità.

  *  QUANDO VENNERO LE BALENE

di REES CLIVE,  GB  1989,  100

Come un quadro: una bellissima bambina e il suo amico su un'isola difficile e un vecchio sordo che

intaglia uccelli.. Sullo sfondo la Guerra 1915-1918.

In un villaggio delle isole Shilley, al largo della costa inglese, nasce un'amicizia tra un vecchio solitario

che emerge da un passato inquietante (è il superstite di una tragedia che seguì una moria di balene) e

due ragazzini. La storia delle balene si ripete: i cacciatori vorrebbero farne sterminio. Allora il vecchio

profetizza una sciagura uguale a quella da lui vissuta per chi ucciderà i cetacei. Ma i ragazzi

convinceranno gli abitanti dell'isola a non farlo e a riportare al mare un narvalo spiaggiato. Così salvano

se stessi e la sorgente riprende a scorrere

Bei paesaggi. Bella storia di amicizia e formazione

  *  IL  RAPPORTO PELIKAN

di PAKULA ALAN,  USA  1993,  141'

Studentessa di legge scopre che dietro l'omicidio di due giudici della corte costituzionale c'è una potente

industria che aveva finanziato la campagna elettorale di un presidente Usa. Cercano di eliminarla, ma lei

è aiutata da un giornalista "etico" …

Julia Roberts è meravigliosa, Denzel Washington è rassicurante

  *  REINETTE E MIRABELLE

di ROHMER ERIC,  FRA  1986,  98'

La ragazza di campagna è per  la morale, quella di città per la libertà.

L'occhio dii Rohmer fa vedere scampoli di vita quotidiana come se fossero romanzi.

Bellissima la scena in cui si sorprendono a cogliere l'attimo del passaggio dalla notte all'alba, l'ora più

bella. Come nel Raggio verde

 

  *  RESPIRO

di CRIALESE EMANUELE,  ITA  2002,  100'

In un villaggio di pescatori sull'isola di Lampedusa Grazia è troppo diversa per essere accettata dalla

comunità locale. Il marito la ama, ma cede alle pressioni sociali. Vorebbe farla curare in una clinica del

nord.

Lei, aiutata dal figlio,  scappa e si nasconde in una grotta. 

 Recensione di di Luca Baroncini in http://www.ondarock.it/cinemarec/respiro.html 

Sole, roccia, mare. Sembra la ricetta della vacanza ideale, invece per Grazia la vita sull'isola di

Lampedusa risulta molto problematica. Difficile adeguarsi alle regole sociali quando si e' per natura

anticonformisti. Grazie e' una donna giovane e ancora bella, madre e moglie, che alterna solarita' e

dolcezza a introversione e rabbia. La sua guida e' l'emotivita', vive tutto all'ennesima potenza, con

conseguenti ed improvvisi sbalzi di umore. Emanuele Crialese, regista e sceneggiatore alla sua opera

seconda, costruisce un bel personaggio femminile, che pare cucito addosso a Valeria Golino, interprete

discontinua capace di spaziare dalle grandi produzioni hollywoodiane ai piccoli film indipendenti. Grazia

e' naturalmente contradditoria e la sceneggiatura non cerca di trasformarla in un'eroina in lotta contro il

bigottismo e l'arretratezza culturale del microcosmo in cui vive. Grazia, infatti, sarebbe ribelle e

disubbidiente alle regole in qualsiasi epoca ed ambiente. Sicuramente in un altro contesto la sua

irrazionalita' potrebbe essere etichettata come originalita' e magari (ma non e' detto) troverebbe meno

barriere nella sua possibile espressione, mentre in un'isola lontana dal mondo diventa una malattia da

curare, qualche cosa che mina l'equilibrio, il quieto vivere, il tacito perpetuarsi della tradizione. Sembra

davvero di essere fuori dal tempo, in un'atmosfera di memoria verghiana: il ritmo delle giornate scandito

dal lavoro in mare, sotto il sole cocente, o sulla terraferma, a pulire il pesce o a fuggire il caldo. La

descrizione della natura e dell'ambiente in cui si muovono i personaggi diventa parte integrante del

racconto, un personaggio che racchiude tutti gli altri, una sorta di primitiva ancora radicata in ognuno

degli isolani. La macchina da presa osserva luoghi e volti senza giudicare, costruendo un racconto in cui

le immagini e i suoni diventano pagine di sceneggiatura. Anche i dialoghi, spesso parlati in siciliano

stretto, contribuiscono ad entrare nell'ambiente in cui i personaggi vivono. Gli interpreti, in maggior parte

non professionisti, risultano quasi sempre spontanei senza cadere nel bozzetto da esportazione.

Bravissimo il giovane Francesco Casisa, il figlio maggiore della protagonista legato alla madre da un

rapporto molto forte, che esprime, attraverso gli occhi e la postura, tutto il suo disagio. La tragedia e'

dietro all'angolo, ma Crialese non cede alle facili lusinghe del dramma, vuole comunicare altro rispetto

alla circolarita' di un racconto. E le immagini che concludono il film colpiscono per bellezza, poesia e

  *  RITORNO A COLD MOUNTAIN

di MINGHELLA ANTHONY,  USA  2004,  155'

America, 1860. Il soldato Inman, ferito in battaglia, intraprende un difficoltoso viaggio di ritorno per tornare

da Ada, la sua amata.

Intanto la donna si ritrova a dover impedire, da sola, che la fattoria del padre finisca in rovina. L'aiuto le

arriva da una vagabonda di nome Ruby che le insegna cosa siano la forza e la fiducia in se stessi.

La fatica di vivere ed amare in un ambiente ostile

  *  SE SCAPPI TI SPOSO

di MARSHALL GARY,  USA  1999,  116'

Inseguirsi.

Un giornalista è licenziato per un pezzo troppo piccante su una donna che è sfuggita più volte al

matrimonio.

Naturalmente si sposeranno.

Julia Roberts è come sempre deliziosa.


 

  *  SIDEWAYS

di PAYNE ALEXANDRA,  USA  2004,  124'

Alexandra Payne è anche l'autrice di A proposito di Schmidt.

Crescere da adulti.

Due amici quasi quarantenni fanno un viaggio nella California dei vigneti e dei vini.

L'estroverso si rivela un po' vile. L'introverso forse troverà un nuovo amore.

Filmetto piacevole.

Bellissime le scene in cui parlano di "qualità" e dei valori esistenziali del vino. 

Recensione di http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=35494

Le vie del vino sono infinite, ma anche profumate, gustose, limpide come il cristallo di un balloon. Il gusto

di queste emozioni, hanno dato vita a un film, un road movie, dove l'amicizia fra due uomini di mezza età,

 è la dolceamara riflessione sul continuare a essere dei "novelli" giovani o apprezzare i piaceri della

maturità, dell'invecchiamento.

Jack (Thomas Haden Church) è un attore di soap opera in procinto di sposarsi. Il suo migliore amico

Miles (Paul Giamatti), bruttino, dolorosamente divorziato da due anni , e scrittore non proprio di

successo, decide di fargli un regalo speciale. Una settimana sulle strade del vino della California, per un

piacevole e intenso addio al celibato fra calici di nettare e campi da golf. Incontreranno anche l'amore, e

Miles conoscerà Maya (Virginia Madsen), che, come lui, vive per la gioia di una buona bottiglia.

Ironico e riflessivo, il film di Alexander Payne, delinea i personaggi, le loro forze, le loro debolezze, e le

mette in parallelo al vino, alle modalità dell'invecchiamento, di conservazione, di degustazione. I sette

giorni che Miles e Jack trascorrono insieme sono il percorso di crescita di due uomini, profondamente

diversi fra loro, ma legati da un'amicizia ventennale. La cultura di Miles, espressa da un irresistibile Paul

Giamatti (le sue battute scandiscono il film), si scontra con l'istinto animale e grezzo di Jack. E le donne

per loro vanno di pari passo con il vino. Per lo scrittore devono essere rare e uniche (come la ex-moglie),

 da apprezzare e da sorseggiare nella loro maturità; per il belloccio divo da soap opera, devono avere

l'immediata esplosività di un "frizzantino".

Sideways,lento nell'apertura, ironico nel suo incedere, prende vita attimo dopo attimo (verrebbe da dire,

sorso dopo sorso), quando le vineyards californiane e le cantine illuminano la scena. E' la sottile magia di

 un film, che realmente va lasciato decantare, per apprezzarne le qualità.

Come dice Maya, in uno dei momenti più intensi del film, il vino è vivo, come ognuno di noi. Nasce,

cresce e raggiunge la maturità. In quel momento, ha un gusto fantastico.

  *  SOGNANDO BECKAM

di CHANDA,  USA GB  2002,  112'

Speranze e frustrazioni di Jes e Jules, due ragazze londinesi desiderose di sfondare nel mondo del

football. Purtroppo devono scontrarsi con le rispettive famiglie, che le contrastano duramente: la madre

di Jes, originaria del Punjab, preferirebbe che l'aspirante centravanti imparasse la ricetta per fare il

chapati, il tradizionale pane indiano, mentre quella di Jules vorrebbe che la figlia indossasse abiti più

femminili e si accasasse…

  *  I  SUBLIMI SEGRETI DELLE YA - YA SISTER

di KHOURI CALLIE,  USA  2002,  115'

Romanzo familiare visto dalle donne ("Chick Flick": denominazione americana dei film al femminile).

Le vecchie amiche, in alleanza "terapeutica" con solide ed affettive presenze maschili e nel loro rituale

"ya-ya sister", aiutano la figlia a riallacciare i rapporti con la madre non poco "disadattata".

Sullo sfondo: musica Blues e Cajun in una Louisiana piena di fiumi.

Ritemprante

  *  TI PRESENTO I MIEI

di ROACH JAI,    2000,  108'

Greg, infermiere e di origine ebrea, chiede alla sua ragazza, Pam, di sposarlo. Deve però passare il test

di Jack, il padre di Pam, un De Niro che interpreta professionalmente un personaggio di un'antipatia

sovrumana. Il weekend avrà sviluppi inverosimili e demenziali grazie anche al gatto di Jack, l'himalayano

Jinxie. Altre sorprese verrano da un altro matrimonio concomitante e dal fatto che il paparino afferma di

essere un ex-agente della Cia anche se in cantina ha ancora una fornita strumentazione di spionaggio.


 

  *  TU DEVI ESSERE IL LUPO

di MORONI VITTORIO,  ITA  2004,  95'

Vale non ha più una madre. Quattordici anni, desideri, dubbi, domande; la sua vita ruota intorno a Carlo, il

 padre, giovane tassista con la passione per la fotografia. Hanno un rapporto forte, gioioso ma così

esclusivo da non permetterne altri. Ora il loro equilibrio vacilla, Carlo è costretto a fare delle scelte e per

Vale l'istinto di ribellarsi si scontra giorno dopo giorno con la paura di rimanere sola. A Lisbona una donna

 sembra inaspettatamente pronta ad aprirsi ad una convivenza, all'ipotesi di un figlio, ma quando questa

possibilità si fa concreta lei scompare. Un giorno Carlo riceve una busta dal Portogallo… Un film

anomalo nel panorama italiano. Non certo anomalo perché nessuno lo voleva distribuire (ma poi ha

vissuto il suo weekend di gloria nella top five dei film più visti)perché questoi accade a molti. Anomalo

perché ha trovato un a sua strada autonoma e perché tratta temi spesso ign orati dal nostro cinema con

onestà e attenzione alla psicologia dei personaggi. Che poi ci sia qualche snodo narrativo un po'

ingrippato non è poi così importante. Ciò che conta è il modo in cui lo sguardo viene rivolto a un rapporto

(anche questo anomalo nel nostro modesto panorama cinematografico) tra padre e figlia che non devia

nell'incesto ma che è così stretto da rischiare di chiudere il resto del mondo al di fuori. Una storia narrata

con pudore e partecipazione senza mai scadere nel mélo.

 

IN http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=35695

  *  TUTTO O NIENTE

di LEIGH MIKE,  GB  2002,  127'

Storie di vita marginali in un quartiere popolare di Londra.

L'improvvisa malattia del figlio mette nuova energia nei rapporti familiari.

Attori di bravura assoluta: "Gli interpreti più che recitare sembrano vivere" (Tullio Kesich).

Scene da ricordare: il padre che chiede in prestito i soldi alla moglie e alla figlia, la fatica del lavoro nella

casa di riposo, il figlio che esplode nella difesa del padre …

  *  TWIN PEAKS - seconda serie (episodi 8-29)

di LYNCH DAVID,  USA  1991,  405'

Twin Peaks è una serie televisiva andata in onda all'inizio degli anni '90 e frutto del lavoro di David Lynch

e Mark Frost. Le vicende sono ambientate in una tranquilla cittadina degli Stati Uniti al confine con il

Canada chiamata appunto Twin Peaks ed iniziano con il ritrovamento del cadavere di Laura Palmer,

ragazza modello da tutti conosciuta e stimata (di cui però si scopriranno particolari agghiaccianti),ed il

conseguente arrivo per l'indagini dell'agente speciale Dale Cooper. Quest'ultimo troverà nella cittadina

amore e amicizie che lo legheranno al luogo sentimentalmente pur riscondrando una doppia vita nella

maggior parte degli abitanti i quali nascondono ognuno numerosi segreti. Ad aiutare l'agente nella

soluzione del caso saranno esseri e situazioni soprannaturali che si uniranno alle sue doti sensitive ed

intuitive. Non di secondo piano si dimostrerà il lavoro dei membri della polizia locale di Twin Peaks come

lo Sceriffo Truman, Hawk e Andy che si riveleranno anche ottimi amici. Questa è solo una piccola

descrizione della storia che ovviamente è molto più complessa e ricca di personaggi senza contare che

anche dopo la scoperta dell'assassino la serie continua e, anzi, si fà ancora più interessante.

Moltissimi sono i messaggi o le immagini che si susseguono di continuo nella serie (come il fuoco,la

luna, il semaforo,i gufi o la cascata) ma il cui vero significato rimane sempre oscuro.

Compaiono inoltre numerosi personaggi enigmatici il cui ruolo non è mai veramente chiaro come

Bob,Mike, il gigante o il nano che però sembrano tutti legati a luoghi denominati rispettivamente loggia

bianca e loggia nera (ne capirete di più guardando la serie). L'intera serie è stata girata a Snoqualmie ed

a Bend, nello stato di Washington.

  *  UN GIORNO PER CASO

di HOFFMAN M.,  USA  1996,  108

Entrambi sono divorziati con figli.

Si incontrano, si scontrano. Alla fine si amano


 

  *  WILL HUNTING, GENIO RIBELLE

di VAN SANT GUS,  USA  1998,  100'

Nei quartieri poveri a sud di Boston, Will Hunting, venti anni, vive in modo precario e disordinato insieme

ad alcuni amici teppisti e guadagna qualcosa, lavorando come inserviente nel dipartimento di

matematica del famoso MIT. Tra una chiacchiera e l'altra, e in incontri occasionali, Will si lascia andare

ad improvvise citazioni storiche e risolve senza fatica un problema di matematica che sembrava

difficilissimo. Tutto ciò attira l'attenzione del prof. Lambeau, che comincia a seguire Will fin quando il

ragazzo, arrestato dopo l'ennesima rissa in un bar, viene condannato alla prigione. Lambeau interviene e

 ottiene la libertà, promettendo al giudice di affidarlo, per un adeguato trattamento, ad uno psicologo.

Dapprima Will deride i medici che provano a curarlo, poi Lambeau decide di affidarsi a Sean, vecchio

compagno di università. I due cominciano a parlare. Sean ha perso da poco la moglie, ed è un vuoto che

non riesce ancora ad assorbire. Will lo capisce e se ne serve per metterlo in difficoltà. Tra i due si

instaura un rapporto difficile ma molto schietto che tuttavia sembra sfociare in una rottura. Molto seccato

per l'andamento delle cose, Lambeau rimprovera aspramente Sean, facendo riaffiorare antichi attriti dei

tempi dell'università. Intanto Will, che ha rifiutato importanti proposte di lavoro, conosce Skylar, una

studentessa di Harvard, con la quale inizia una relazione. Skylar gli confessa di essere innamorata ma lui

 rifiuta qualunque discorso affettivo, memore delle delusioni e delle violenze ricevute durante l'infanzia e

l'adolescenza. Avendo passato le stesse difficoltà, Sean trova finalmente gli argomenti e le parole giuste

per arrivare ad una nuova comprensione con il suo paziente, che alla fine scoppia in lacrime e si lascia

convincere ad andare in California a raggiungere la ragazza che lo ama. Will allora parte sull'auto che gli

amici gli hanno regalato per i suoi 21 anni.

 


Gioia di vivere per la nostra identità plurima

Riusciamo a concederci un viaggio musicale a Verona.

 

 


La vita breve: agenda del terrorismo

22 luglio 2005

Nella grande quantità di commenti (ma di quanti  micromegalomani  è costituito il gruppo degli "opinionisti" !) mi sembra molto interessante quallo che propone il concetto di "Identità di riserva".

"Al terrorismo di Al Qaeda rischia di non mancare la manodopera: c´è una gioventù islamica che si sente umiliata da un senso di inadeguatezza della propria appartenenza religiosa e culturale, che teme ossessivamente la contaminazione con il sistema di valori occidentale. Sensazione che coinvolge anche parte dei musulmani in Occidente, incapaci di vivere una non facile identità plurima. E che di fronte a un integrazione che può apparire, talvolta. soddisfacente sul piano economico e sociale ma non su quello culturale, fanno ricorso, saccheggiandone il repertorio simbolico, alla loro identità originaria. Un´identità di riserva, talvolta inabissata, ma come in un fiume carsico, pronta a riemergere impetuosamente nel momento in cui vi è bisogno di marcare una differenza antagonista. Identità rivisitata non secondo i canoni tradizionali ma attraverso quelli islamisti radicali, capaci di parlare a individui che vivono nella modernità, anche spuria, e di fornire risposte che semplificano la complessità di un ambiente sempre più permeato dal "politeismo dei valori". Quando quei giovani, occidentali o meno, si arruolano nelle file qaediste e decidono di "sacrificarsi" il loro obiettivo non è tanto la nascita o la liberazione di una nazione ma la ricostituzione della comunità. O meglio di una neo-comunità. Una neo-umma continuamente agognata ma impossibile da ricostituire, minata com´è in partenza dal suo essere comunque contaminata dalla quotidianità e dal contatto con l´Occidente divenuto globale. Il "martirio" diventa così, anche, l´inconscio tentativo di sfuggire alla morte della comunità impossibile; di spargere lutto per evitare di elaborare, nuovamente, il lutto."  LA STRATEGIA DEL PANICO di Renzo Guolo, La Repubblica, 22-07-2005

 

Occorrono pensieri "forti" per far decantare la crescente insicurezza ed ostilità che provoca no le derive integraliste dell'islamismo.

Trovo questo frammento di Amos Oz::

 "Immaginare l'altro è l'imperativo morale"

Bellissime parole, impegnativo compito. Ma faccio fatica a integrarle nella mia personalità.

Da una parte gli individui, sempre più soggettivizzati, sempre più "individuati".  D'altra testi religiosi agitati come verità assoluta. Leggi assoggettate a giudizi morali. Teocrazie che si pensava appartenessero al buio passato e che invece risorgono come gli zombie della fantasceenza. "A volte ritornano" (Stephen King).


La vita breve: agenda del terrorismo

8 luglio 2005. Un nuovo calendario per le fragili democrazie. Dopo l' 11 settembre 2001, con l´attacco alle Torri gemelle, l´11 marzo del 2004, con l´attentato di Madrid, ieri attentato alla metropolitana di Londra.

Noi pieni delle nostre diversissime opinioni, quale prodotto della nostra storia e della libertà di pensiero, possiamo essere tanto sfortunati da rimanere morti o invalidi perchè stiamo andando a lavorare usando treni e autobus.

Da una parte la nostra cultura, talmente libera da arrivare ad essere ipercritica verso se stessa fino a negare i fondamenti dei nostri stessi valori, dall'altra un odio militante fortemente valoriale, che prende di mira i luoghi della nostra economia e mobilità per provocare il massimo del male.

Il ciclo politico che si è aperto nel 2001 sembra essere di lunga durata. Anzi: da una cronologia vedo che il ciclo è più lungo e deve partire dal 1981.

La risposta neo-conservatrice è chiara: difenderci, rispondere, prevenire. Anche usando la forza, perchè il nemico esiste ed è animato da  odio ideologico.

La risposta della sinistra è semplicemente inesistente e del tutto incapace di garantire la più elementare sicurezza. Il cuneo del  relativismo è entrato in profondità nel loro impianto politico.

Leggo in un aureo libretto di Giovanni Jervis (psichiatra che ha partecipato alla lotta anti-manicomiale):

 

 

Giovanni Jervis, Contro il relativismo, Laterza 2005, pagg. 35-36

 

In questo ciclo storico intravvedo che i fondamenti morali dei nostri sistemi sociali (libertà; divisione dei poteri, democrazia parlamentare, separazione fra Stato e Chiesa, promozione della scienza, sviluppo tecnico; ...) vengono messi in discussione dalle ideologie fondamentaliste aggressive. Sovraccarichi delle nostre soggettività, siamo deboli di fronte alle ideologie collettive compatte alimentate dalle religioni.

Il quadro mi appare abbastanza chiaro ed è quello di una terra desolata. In questo panorama perfino il berlusconismo mi sembra, oltre che probabilmente provvisorio, anche infinitamente meno pericoloso.


Estati

28 giugno 2005. La mia cinquantaseiesima estate.

C'è più tempo per la cineteca estiva.  Due film da ricordare, per ora.

Qualche giorno fa: Omicidi di provincia di Steve Kloves, con Dennis Quaid, Gwyneth Paltrow, Meg Ryan, James Caan.  Giallo esistenziale: Il figlio ritrova adulta ed amabile la bambina che il padre (un carogna veramente tremenda) vorrebbe uccidere, dopo avergli sterminato i genitori. Il tema è l'amore impossibile ed il film è hopperiano e bellissimo.

Ieri abbiamo visto I sublimi segreti delle Ya-Ya Sisters di Callie Khouri: romanzo familiare visto dalle donne ("Chick Flick": denominazione americana dei film al femminile). Le vecchie amiche, in alleanza "terapeutica" con solide ed affettive presenze maschili e nel loro rituale "ya-ya sister", aiutano la figlia a riallacciare i rapporti con la madre non poco "disadattata". Sullo sfondo: musica Blues e Cajun in una Louisiana piena di fiumi. Ritemprante.


Sincronicità e anni della giovinezza

16 giugno 2005

Verso Trento, per lavoro

E' un percorso che ho fatto per più di 30 anni e il viaggio in treno da Verona a Trento ha sempre un momento magico, quando cambia il paesaggio.

Dopo una galleria l'Adige si fa improvvisamente selvaggio, la valle appare in tutta la sua forza, solo vagamente simile alla Valtellina. C'è proprio un cambio di ambiente mediato dal buio della galleria.

Ma oggi  la cosa più interessante è un'altro episodio di sincronicità. Proprio nel momento magico, apro una Repubblica non ancora letta di qualche giorno fa e trovo un pezzo dei miei vent'anni. Venerdì sera sarà presentato un libro sulla facoltà di sociologia.


Politica, scienza, etica

14 Giugno 2005. Il Referendum sulla PMA-procreazione medicalmente assistita ha ottenuto un bassissimo numero di votanti (25,9 %). Era un voto difficile che non doveva essere trattato con semplici Sì o No. Tuttavia ha segnato la forte prevalenza della forza delle religioni (questa volta la Chiesa cattolica) ad orientare la pubblica opinione.

Brutti tempi se sono le religioni a dettare le regole della politica, nonostante il "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". Vedo con sgomento deperire 2 secoli di pensiero filosofico e politico a partire dall'Illuminismo.

Ma c'è anche dell'altro che il direttore della Repubblica De Mauro così sintetizza:


27 maggio 2005

In un Comune lombardo, anche abbastanza vicino, una madre annega suo figlio di 5 mesi.

Fra le tante riflessioni tengo quella di Umberto Galimberti, che elabora anche questa bella definizione di "morale della vicinanza" (a proposito dell'enfasi tutta ideologica sulla bontà intrinseca della "comunità locale" !)

 

"I familiari fanno cerchio perché Cogne insegna. I membri della famiglia e i vicini di casa hanno una capacità sorprendente di ignorare o fingere di ignorare che cosa accade davanti ai loro occhi, come spesso succede con gli abusi sessuali, la violenza, l'alcolismo, la follia o la semplice infelicità. Esiste un livello sotterraneo dove tutti sanno quello che sta succedendo, ma in superficie si mantiene un atteggiamento di assoluta normalità, quasi una regola di gruppo che impegna tutti a negare ciò che esiste e si percepisce.
Siamo al diniego che è il primo adattamento della famiglia alla devastazione causata da un membro, sia esso alcolista, o drogato, o pedofilo, o violento, o folle, o infanticida. La sua presenza deve essere negata, ignorata, sfuggita o spiegata come qualcos'altro, altrimenti si rischia di tradire la famiglia. Qui scatta quella che potremmo definire la "morale della vicinanza", che è quanto di più pernicioso ci sia per la coscienza privata, e a maggior ragione per quella pubblica. Infatti, la morale della vicinanza tende a difendere il gruppo (familiare, comunitario) e a ignorare tutto il resto. E così finisce col sostituire alla responsabilità, alla sensibilità morale, alla compassione, al senso civico, al coraggio, all'altruismo, al sentimento della comunità, l'indifferenza, l'ottundimento emotivo, la desensibilizzazione, la freddezza, l'alienazione, l'apatia, l'anomia e alla fine la solitudine di tutti nella vita della città".

 


24 MAGGIO 2005

Gli scorsi giorni sono tornato a Venezia per un incarico di docenza. E sabato sono stato raggiunto da Luciana per un breve week end.

Le stesse emozioni che è bello riprovare negli stessi posti e negli stessi modi. Il profilo delle case sulla Giudecca, la larghezza da Boulevard delle Zattere, gli orti dell'isola di sant'Erasmo, le camminate notturne, perdersi e ritrovarsi fra calle, salizzade, sottoporteghi ..., Massimo Cacciari che rema per sponsorizzare una manifestazione della associazione per i trapianti ... Venezia è una città in cui "tutto è 'taccato'".

 

 


Culture politiche della sinistra e terrorismo

20 maggio 2005. Oggi un articolo di Gianpaolo Pansa sull'assassinio di Walter Tobagi mi prende nel sentimento e nel pensiero.

Viviamo in  anni abbastanza crudeli, ma la cultura ideologica della sinistra nichilista è stata infinitamente peggio. In quegli anni ero impegnato in politica, ma non capivo quasi nulla di quanto stava succedendo. Mi dovrebbe servire da insegnamento: osservare, riflettere, mettere in ombra l'ideologismo. Tentare almeno di leggere i fatti prima di annegarli nelle interpretazioni.

Questo frammento di Pansa è raggelante, ma lo annoto per fissarlo nella memoria:


Politica: cicli elettorali

18 aprile 2005. Le elezioni di ballottaggio confermano il ciclo positivo per l'Unione. E il Governo Berlusconi sta attraversando una fase molto critica: incalzato dagli eredi della Democrazia Cristiana e sostenuto solo dai pretoriani della Lega Nord, mentre gli ex fascisti di Alleanza Nazionale si defilano.

Si può continuare a sorridere e a sperare che gli "anni abbastanza crudeli" volgano al termine. Come pure il violentissimo linguaggio delle destre.

Ora, però, incombe l'eccesso di entusiasmo e lo sghignazzo della sinistra. Brutto segno.

Bisognerebbe dare ascolto  al veggente Giampaolo Pansa e ai suoi 5 insegnamenti: 1. la troppa euforia può giocare qualche brutto scherzo (il Centrosinistra non ha ancora vinto le elezioni politiche, che sono un'altra cosa rispetto alle elezioni regionali o locali); 2. non fare come le destre con le epurazioni dalle televisioni; 3. stare attenti al parolaio rosso (Bertinotti), già pronto ad accoltellare la coalizione; 4. non adulare i nuovi (possibili) vincitori; 5. non essere già troppo voraci delle poltrone del potere.

Spero che nei prossimi mesi si riesca a tenere un forte profilo propositivo, senza arroganza e con la sola convinzione di essere capaci di politiche all'altezza di qualche problema fra quelli che incombono.

Sulla politica estera ho poche speranze: i governi di Centrosinistra ci espongono all'insicurezza e sono del tutto incapaci di opporsi alla barbarie della cultura integralista musulmana. Ma in politica interna (mi basta poco) vorrei vedere di nuovo in agenda le politiche socio-sanitarie. I ministri Maroni (un saxofonista della Lega Nord) e Sirchia (un barone con i tic) hanno creato un vuoto per 5 anni.

 


Politica sociale e pensioni

12 aprile 2005. Sul treno, verso Monza per un incarico di lavoro.

La mia mente si apre ad una prospettiva sulla vecchiaia. Una ipotesi e decisione molto semplice: non andrò in pensione.

Continuerò con questi incontri di lavoro formativo, se e quando saranno richiesti. Fino a quando sarà possibile e ne avrò la forza e se gli occhi, le gambe e il cuore mi aiuteranno.

Fino ad ieri pensavo in termini polarizzati: o lavoro a ritmi forti o, all'opposto, tempo di riposo introspettivo.

Invece non è così: c'è un'altra via. Ci sono i tempi flessibili, il mantenimento delle mie linee di studio, l'adesione a domande compatibili con queste competenze.

Non so se questa ipotesi / decisione sarà realistica.

Per ora so solo che mi tranquillizza e rasserena.

Di nuovo nella mia vita si riaffaccia la sincronicità, individuata da Carl Gustav Jung: eventi fra loro slegati che convergono come oggetti sulla sabbia ad indicare un percorso. A dargli significato.

Infatti questo pertugio del mio ciclo di vita si è presentificato in occasione della lettura del libro Die Broke di Pollan e Levine. Ed è stato sincronicamente sottolineato da due proposte di lavoro che sono arrivate una per telefono ed una per E-Mail.

Così un libretto americano di economia domestica ha indicato una prospettiva di cambio di atteggiamento e di rotta. Davvero "viva la globalizzazione delle idee!".

 


Culture della sinistra

6 aprile 2005. Un articolo che mi riconcilia con la mia rabbia umorale verso una certa cultura della sinistra che non sa apprendere dall'esperienza : Pietro Citati, Noi vittime di troppe sciocchezze, La Repubblica 6 aprile 2005


Politica

4 aprile 2005. Elezioni regionali alla 8° legislatura.

Vince 11 a 2  il centro - sinistra dell'Unione di Prodi.

Finalmente dopo gli ultimi anni crudeli si può di nuovo sorridere. Mi sento più leggero. Le destre italiane non hanno più il vento in poppa. Hanno avuto ragione in politica estera, ma la "devolution", la deriva morale sulla giustizia, le leggi ad personam, l'arroganza dei loro dirigenti è quanto di peggio ci possa essere per la cultura politica di questo paese.

Rimane però una amarezza locale: Lega Nord (il peggio del peggio) e Forza Italia vincono in Lombardia e a Como.

Esco di casa per il lavoro. Guardo questo paesaggio che continua a "fare anima" dentro di me e mi ripeto ancora una volta: "bellissima geografia, orribile sociologia"


Passaggi: una morte su cui si è fermato il mondo

Sabato 2 aprile 2005, di sera alle 9 e mezza muore Karol Wojtyla, il papa Giovanni Paolo II.

Tutto il mondo, davvero tutto il mondo,  sembra fermarsi per lunghi attimi.

Ascolto una bellissima poesia di Mario Luzi che illumina con la forza dell'arte quanto la morte, anche per chi crede alla vita eterna, sia un evento irriducilmente tragico: "Congedarmi mi dà angoscia più del giusto ..."

 

Via crucis

 

Padre mio, mi sono affezionato alla terra

quanto non avrei creduto.

È bella e terribile la terra.

Io ci sono nato quasi di nascosto,

ci sono cresciuto e fatto adulto

in un suo angolo quieto

tra gente povera, amabile e esecrabile.

Mi sono affezionato alle sue strade,

mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,

le vigne, perfino i deserti.

È solo una stazione per il figlio Tuo la terra

ma ora mi addolora lasciarla

e perfino questi uomini e le loro occupazioni,

le loro case e i loro ricoveri

mi dà pena doverli abbandonare.

Il cuore umano è pieno di contraddizioni

ma neppure un istante mi sono allontanato da te.

Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi

o avessi dimenticato di essere stato.

La vita sulla terra è dolorosa,

ma è anche gioiosa: mi sovvengono

i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali.

Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.

Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.

Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?

Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito?

La nostalgia di te è stata continua e forte,

tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.

Padre, non giudicarlo

questo mio parlarti umano quasi delirante,

accoglilo come un desiderio d’amore,

non guardare alla sua insensatezza.

Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà

eppure talvolta l’ho discussa.

Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego.

Quando saremo in cielo ricongiunti

sarà stata una prova grande

ed essa non si perde nella memoria dell’eternità.

Ma da questo stato umano d’abiezione

vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.

Mi afferrano, mi alzano alla croce piantata sulla collina,

ahi, Padre, mi inchiodano le mani e i piedi.

Qui termina veramente il cammino.

Il debito dell’iniquità è pagato all’iniquità.

Ma tu sai questo mistero. Tu solo.

 


Film

10 marzo 2005

Dopo più di 30 anni riesco a rivedere Alice nelle città di Wim Wenders (1973)

Una ricerca del senso.

Spaesato e senza identità, il fotografo sa solo rappresentare la realtà, non viverla.

In viaggio con una ragazzina di 9 anni imparerà le cose concrete (mangiare, ridere, sentire). E alla fine entrambi guarderanno fuori dal treno il mondo. Mentre lo sguardo di Wim Wenders si allarga sul paesaggio. Bellissimo.

Si è rinnovata l'esperienza psichica di quegli anni. Tuttavia meglio di allora: senza più intellettualismi iper-razionali (tipici di quei tempi), ma solo con la serena tranquillità di partecipare ad una trasformazione esistenziale.

 

 

 


Passaggi

Domenica 27 febbraio 2005

Ieri notte, attorno a mezzanotte, è morto il padre di Luciana.

Il percorso verso E.  è stato accompagnato dal canto talvolta dolente di Nina Simone. Grandissima anche in questo evento.

Nelle istituzioni la "morte privata" si intreccia alla "morte pubblica". E c'è da essere grati a quel direttore della Residenza sanitaria assistenziale che , con amore organizzativo, ha curato perfino i quadri che arredano la stanza mortuaria.

Ma un momento di vera filosofia congruente alla situazione è avvenuto quando una assistente socio-sanitaria di origine africana, per consolare Luciana, le dice: "La nostra casa è là". Difficilmente potrei immaginare una sintesi più vera: un haiku perfetto. In quelle parole era presente la sua nostalgia per le sue terre e la verità sulla traiettoria della vita.

 

Vita

filo sottile

che tiene legati

al mondo.

Filo

che cede

e fa vedere

il limite

 

Questa mattina sono poi tornato a Como: più bella che mai nel freddo e nelle luminose vie vuote, alla mattina di domenica, molto presto.


Incontri. Qualcosa resta

Ricevo una lettera.

Caro Professore, da molto tempo non avevo avuto l'occasione di frequentare il sito. L'ho fatto quasi casualmente stasera e devo assolutamente inviarti di nuovo i miei complimenti: sempre aggiornato interessante e variegato. pieno di percorsi di lavoro interessanti e di spunti di riflessione sul lavoro  e sulla vita veramente preziosi. Mi ha molto divertito curiosare nelle foto (che invidia tutti quei libri!!!!!) anche perchè la foto del 1982 mi ha fatto ricordare di quando seguivo le lezioni alla scuola in .... .

In quell'anno mi sono diplomata (senza troppa lode in verità!) e ricordo bene la passione con la quale proponevi gli argomenti di politica sociale. Certo allora non immaginavo quanto mi sarebbero stati utili quei percorsi formativi. Qualcuno mi ha riferito che in un corso hai portato ad esempio di lavoro ben fatto la carta dei servizi elaborata dal nostro servizio. Credo possa essere solo una lusinga, ma se fosse così ne sono orgogliosa e molto. Mi fa piacere farti sapere che oggi sono in un momento di svolta del mio percorso professionale; mi sono occupata di far crescere la gestione associata dei servizi  in alternativa alla delega alla nostra ASL con l'incarico di "progettare" quella che oggi è una azienda consortile (si chiama Comuni Insieme per lo sviluppo Sociale) costituita tra sette comuni del nostro distretto . E' stata avviata lo scorso luglio e tra due settimane mi trasferirò dal Comune per assumere a tempo pieno le funzioni di Direttore di questa Azienda che gestisce oggi i servizi connessi alla tutela dei minori (affidi, spazio neutro, adm, TM) e agli inserimenti lavorativi. Non sai quante volte in questo periodo ho "ripescato" nel materiale delle tue lezioni e incontri formativi per rileggere attraverso lo studio della "storia" dei servizi gli indizi utili a capire gli orientamenti di oggi. Mi pare ci sia un certo dibattito intorno a queste nuove forme di gestione dei servizi (ho letto un lungo e interessante articolo su Prospettive Sociali) e devo dire che l'esperienza, connessa alla attuazione del Piano di Zona,  è veramente interessantissima e ricca di stimoli di riflessione sugli sviluppi del sistema dei servizi sociali nei prossimi anni. Chissà magari ci sarà qualche occasione (per me sarebbe preziosissimo il tuo parere) per chiacchierarne un pò! Ti ringrazio per l'attenzione. Con molta stima. ...

 

22 Febbraio 2005

Cara ...

solo ora riesco a rispondere alla tua bellissima ed emozionante lettera.

Forse non riesci ad immaginare quanto mi abbia fatto piacere.

Vedi, sono in quella fase della vita (circa 57 anni) in cui guardare avanti assume altri significati. C'è poco tempo: 10 , 20 chissà. Naturalmente io spero 30 ...

Però c'è ancora da lavorare per vivere e allora si tende (io sicuramente) a guardare indietro.

Ecco: la tua lettera intercetta questi pensieri.

Mi fa pensare ai nostri anni (la Scuola, le sue diverse sedi, i colleghi, le studentesse e gli studenti). Sono davvero convinto che abbiamo fatto qualcosa di buono. Siamo stati  un piccolo pezzo di questa difficile democrazia. Ma un pezzo positivo.

Come la vostra Carta dei servizi, che è un esempio tangibile di questo modo di agire per la democrazia.

Pensavo anche che nella tua lettera c'è una dimensione "generazionale". Oggi gli studenti o i neo-diplomati non sono più così. Purtroppo: poca memoria; poco respiro; molta contingenza. Non è solo "colpa" loro (il mercato del lavoro dei servizi oggi è una giungla) ma è "anche" colpa loro. Le responsabilità sociali mai devono far dimenticare quelle individuali. Non credo che potranno mai, fra vent'anni, ricordare con tanta creativa nostalgia una fase del loro percorso formativo

Il tuo nuovo ruolo di Direttore: devo dire che difficilmente capita di vedere la persona giusta al posto giusto. Gavetta, esperienza, passaggi, fasi storiche dei servizi ...  Insomma, le hai passate tutte ed ora sei nel luogo organizzativo giusto. Come sai è dal 1990 (legge 142) che mi sono sforzato di documentare l'importanza strategica della gestione associata. A proposito: mandami lo Statuto. Ho uno spazio sul sito anche per queste esperienze istituzionali

Sono contento che ogni tanto navighi nelle pagine del mio sito (certo anche di mia moglie Luciana: ma sono io che lo "curo" e lei delega volentieri, anche perchè il suo orizzonte professionale è diverso dal mio). Quelle pagine ormai si intrecciano con la mia vita personale e professionale. Ogni cosa che mi interessa la metto lì, sperando che qualcun altro la trovi e gli sia di stimolo, come lo è per me. Mi piace documentare storicamente di che cosa è fatto il mondo dei servizi alla persona. Internet è un luogo per la velocità: io voglio sfruttare un altro suo aspetto: quello di fissare gli eventi come fanno i bambini quando incollano (chissà se lo fanno ancora ?) le figurine o i ritagli sugli album. La mia infanzia è costellata di questi album. E qualcuno lo metterò sul sito.

Ti auguro un buon futuro personale e professionale.

Vedrai che ci ri-incontreremo

un caro saluto e grazie per il ricordo

ciao

Paolo

11 marzo 2005

grazie paolo, veramente tanto, il tuo apprezzamento mi gratifica e mi incoraggia. condivido pienamente ciò che tu dici sulla questione generazionale. Degli assistenti sociali di oggi osservo anch'io poco respiro e molta contingenza; e per quanto siano probabilmente molto più "competenti" di quanto fosse la mia generazione, mi sembra che facciano molta più fatica a rintracciare il significato del lavoro sociale ed a riflettere, coniugando le conoscenze con il senso del lavoro. circa il tempo.... perchè mettersi un limite? secondo me puoi orientarti anche a sperare in 30, 40 o anche più anni. ho imparato una cosa: sapere che il tempo che abbiamo non è infinito è certo un limite ma è anche una consapevolezza che aiuta a scegliere, a privilegiare le cose importanti dalle banalità, a decidere da che parte stare, a riconoscere il giusto dall'ingiusto. ...almeno spero! ti mando intanto lo statuto dell'Azienda. sono certa che ci ri-incontreremo. sarà, per me, un grande piacere. Ciao e grazie ....

 


20 febbraio 2005

Carlo Emilio Gadda interpretato da Carlo Rivolta

 

 

A Erba è nata una associazione dedicata a Carlo Emilio Gadda e in particolare alla sua presenza nella odiata/amata casa di Longone al Segrino.

Ieri l'attore Carlo Rivolta ha letto in modo straordinario due brani dedicati appunto alla "Villa della Brianza" (tratti forse dai Racconti dispersi o da Viaggi di Gulliver):

Sono diventato il socio n. 3:

 

 

 

 

 

 

 

Gadda è uno dei miei desideri della vecchiaia: immergermi in questa scrittura in cui le parole sono inventate come i colori di un acquarello (Bartezzaghi). Ora, purtroppo, non è ancora il tempo.

Successivamente, il 5 ottobre 2005

Caro Carlo Rivolta

In tempi diversi, nei mesi scorsi, io e mia moglie abbiamo avuto la possibilità di ascoltare ed anche registrare le sue recitazioni su testi di Carlo Emilio Gadda. Una volta a Erba e un’altra a Como.

Ne sono rimasti così colpito da mettermi ad imparare un programma per riportare la voce su un file leggibile anche su Cd.  Ci sono riuscito: io sento i due compact anche dal giradischi. Spero che anche a lei possa “ritornare” la  sua voce in questi “pezzi unici”.

Sono un docente di Politica sociale: il mio lavoro è documentato nel sito www.segnalo.it.

Sono piuttosto entusiasta delle possibilità dovute alle tecnologie: captare un’esperienza artistica di tale intensità e poterla risentire ancora.

Ma spero che in futuro anche lei metta in circolazione si compact le sue recite.

Cercherò su Internet le segnalazioni di altre sue interpretazioni. Se per caso volesse indicarmi i prossimi suoi  passaggi, il mio indirizzo e-mail è: p.ferrario@tin.it

Le ripeto quello che le ho detto per telefono: “Grande Gadda, ma anche grande lei che lo ha interpretato”

Auguri per il suo lavoro

Paolo Ferrario


Venezia

Altra straordinaria prova d'attore di Al Pacino nel film Il mercante di  Venezia.

Al Pacino è talmente forte che porta a prendere le parti di Shylock, l'ebreo ricco ma emarginato e disprezzato dai mercanti veneziani.

Ma il film mi ha portato a godere ancora un po' sulla bellezza di Venezia. Quell'aria umidiccia che impregna le pietre delle calle e dei portici, il suono del camminare in quegli spazi ...

Il privilegio che mi è capitato di poter lavorare per sette anni a Venezia è davvero grande.


Musica

Musica ha sospeso le sue pubblicazioni a dicembre.
Ora gli stessi componenti della   redazione sono stati incaricati di un nuovo progetto mensile che tratterà sempre di Musica, ma non solo.  Libri, Cinema, Fumetti, Moda, Tecnologie, Viaggi ... e tutto ciò che ruota al mondo giovanile. Dovrebbe uscire in primavera autonomamente, senza essere allegato al quotidiano, ma, di preciso, non si sa ancora nulla.
Grazie per averci seguito in questi 10 fantastici anni di Musica.

La Redazione

Spettabile redazione
sono abbonato a La Repubblica, ma al giovedì non trovo più il supplemento Musica?
potete dirmi cosa è successo?
Ora è forse una rivista che si compera a parte?
Potete dirmi qualcosa?
Grazie per l'attenzione e cordiali saluti
Paolo Ferrario

Grazie per la risposta

sono MOLTO MOLTO MOLTO DISPIACIUTO. Musica era un appuntamento fondamentale. Con quelle bellissime recensioni che rispecchiavano le ascendenze culturali di redattori. Conservo con cura i numeri con i dischi più belli dell'anno.

Sono perfino amareggiato di non rispecchiare tendenze di mercato, essendo un forte consumatore di musica ! Qui forse il marketing di Repubblica/kataweb etc ha proprio "toppato"

Attendo la nuova pubblicazione di cui non mancherò di essere lettore ed abbonato.

Grazie ancora

Cordiali saluti

Paolo Ferrario


Incontri. Qualcosa resta

Cara ...

mi ricordo benissimo di te. La tua simpatia, la tua grande disponibilità affettiva ed intelligente nel porti nelle situazioni di formazione in cui ti ho conosciuta.

Pensa che conservo ancora nella mia documentazione la descrizione dei processi di lavoro nelle ... che avevi proposto nel seminario sulla valutazione della qualità !

La tua lettera mi riempie di gioia. Mi dà energia. Ho 57 anni, ed in questa fase si tende a guardare i passi già fatti nella vita, essendo sempre più faticosi quelli da compiere. Perchè bisogna ancora camminare, ma  le forze stanno diminuendo. E fa molto piacere sapere che qualcosa si è seminato. E ancora più piacere che qualcuno come te abbia la gentilezza e l'affetto per farmelo sapere

Anche il tuo sogno è molto carico di significati. Come sai ho grandissima stima per la professione delle e degli assistenti sociali. Fanno quel lavoro di cucitura fra le istituzioni che pochi altri fanno e che invece è il più necessario. Ed è molto di buon auspicio per la tua psiche se riesci a conciliare la vita diurna con il lavoro psichico  notturno. Nella mia esperienza il sogno ha il potere di riequilibrare. Di fornire , almeno sul piano fantastico, una prospettiva diversa sulla durezza delle relazioni interpersonali e de potere che attraversano il lavoro.

Mi piace interpretare la mia presenza nel tuo sogno come lo spazio per pensare anche nei vortici dell'agire amministrativo, programmatorio, decisionale delle politiche sociali.

Grazie ancora per il tuo messaggio. Ti auguro di trovare ancora quella buona voglia di stare dentro alle relazioni di lavoro che descrivi. So che la situazione della componente sociale nelle Asl tende a essere poco riconosciuta dalle deleterie scelte del legislatore lombardo. Ma occorre provare a trovare sempre spazi operativi anche in contesti ostili. Mi viene in mente una bella frase di Basaglia su questo problema. Te la propongo qui sotto 

un caro saluto e grazie per la tua lettera

ciao

Paolo 

Fu chiesto a Franco Basaglia:

"Che cosa farebbe se il black-out capitasse

improvvisamente a casa sua?"

Rispose:

"Accetterei il buio

e organizzerei la situazione.

Mi metterei cioè a fare

insieme con altri

un'attività giusta per il buio" 

ricordato in: Baggio G., Adulti e gioco, Anziani Oggi n. 2/3 1998, p. 77

 

caro Paolo

sono ..... , tua vecchia studente, seguace dei tuoi corsi di formazione, nonchè assistente sociale al ......  e da un paio di anni anche ..... spero tu sia riuscito a collocarmi.

Ti scrivo perchè sei stato il protagonista di un mio sogno, così te lo racconto, ma prima ti descrivo molto brevemente la giornata che lo ha preceduto: in una sola giornata ho partecipato a due riunioni la prima come rappresentante del  ... distrettuale al tavolo territoriale L. 45 (ed ancora non si riconoscono i contorni, almeno nella mia ASL, e le relazioni con i tavoli tecnici dei piani di zona), la seconda, del pomeriggio, come rappresentante  .....  della ASL (organismo che non ha ancora un regolamento e dai contorni incerti, in particolar modo in una ASL dove ....  prodiga per la dismissione di tutto ciò che potrebbe essere prestato direttamente all'utente). insomma una giornata dove si sono intrecciate incertezze istituzionali con quelle personali, dove le competenze sono sempre interpretabili. Ma torno al mio sogno: ero in ambito lavorativo, una riunione di quelle importanti dove si respira l'aria faticosa e pesante della tensione e dell'incertezza, ero in mezzo ai "pezzi grossi" (ma erano solo sagome) e di fronte a me c'era il grande capo, tutto nero, l'espressione truce, che poneva grandi interrogativi (non somigliava a nessuno di quelli che conosco), e ad un certo punto esclama "ma qui ci vorrebbe Paolo Ferrario".

Mi sono permessa di raccontarti questa mia produzione onirica sperando di regalarti un sorriso e per ricordarti che per i tuoi studenti, che si arrampicano con fatica nella giungla istituzionale sempre in trasformazione, dove si fatica a coniugare i grandi obiettivi con l'operatività quotidiana, tu rimani sempre un punto di riferimento.

Un caro saluto

con affetto

......

 


Amici

Como 25 Gennaio 2005

Caro ...,

ti spedisco questa lettera in sincera amicizia. Scusandomi se uso Internet e non carta e penna, ma ormai non so quasi più scrivere a mano. E sperando in una tua comprensione per quanto scriverò nelle ultime righe.

Credo che fra noi due ci siano 10 anni di differenza di età (io sono del 1948), ma credo anche che tu stia invecchiando meglio di me. Perché sei ancora proiettato sul futuro. Invece io sono in una fase della vita in cui mi piace ripercorrere il passato. Tornare indietro, più che andare avanti.

E in questi giorni, di sera, con la musica che mi accompagna sempre, sto riordinando quanto ho scritto in questi anni. Andando anche molto indietro, quando a 16 anni pubblicavo articoletti sui giornali studenteschi o sui quotidiani locali, cui andavo a proporre le mie faticose scritture. Non ho una scrittura fluida e ci metto molta fatica a passare dal pensiero alle parole sul foglio bianco. Il foglio bianco è una sfida con il possibile lettore, ma soprattutto con me stesso.

Così, facendo ordine in questa mia infinitesima vita ho visto gli anni di collaborazione con le varie attività che tu, da vero organizzatore culturale, hai messo in atto chiamandomi spesso a lavorare con l’...: i distretti sanitari nel 1984, i corsi a Vigevano e Pavia, i rapporti al Ministero dell’Interno, la comparazione delle leggi, le voci in cui suddividere la biblioteca… E’ perfino bello vedere l’ordine dattilografico di questi rapporti, credo tutti pazientemente trascritti dalla gentilissima … (pensa i vuoti di memoria: non riesco a tirare fuori il nome. Ma prima o poi rispunterà, improvvisamente).

Ma fra tutti spicca la tua creatura fondamentale. ..... : certo veicolo per la vostra attività di consulenza e ricerca, ma ancora di più testimonianza storica della evoluzione ormai trentacinquennale del mondo dei servizi socio-sanitari.

Forse tre anni fa, hai avuto la benevolenza di chiamarmi a far parte della .... Ma ora mi trovo a disagio nel ritrovare il mio nome in quella ....

Non ce la faccio più a tenere aggiornato ..... Tu sai che il questo “regionalismo amministrativo” sta portando il sistema ad una grande frammentazione. Le leggi regionali non sono più un indicatore di tendenza. Lo sono di più gli atti amministrativi di talvolta boriosi dirigenti e funzionari che non conoscono le energie che si rendono necessarie nel produrre il servizio e che si sostituiscono del tutto anche ai ruoli degli assessori. I Consigli regionali contano sempre meno. Chi governa fa quello che vuole. Formigoni insegna: e questa cultura sta contaminando anche il “riformismo” dei centri-sinistra.

So che è nostalgia, ma io vengo da una cultura politica in cui la sequenza era: scelte prima culturali e poi legislative a livello statale, applicazioni regionali mediante leggi dei Consigli, delibere di Consiglio, atti delle Giunte e solo allora impostazione tecnica. Con la successiva intelligenza di amministratori locali e generosi operatori sociali che nei territori hanno costruito la rete. Questo ha a che fare certo con la politica. Ma ha anche inciso su quel mio lavoro di amanuense dei processi legislativi. Così necessariamente ho dovuto rinunciare ai miei ...

Ma c’è dell’altro. E ti prego di giustificare la schiettezza.

Si è consolidata nel tempo un’altra generazione di ricercatori-formatori: io sono forzatamente uno che ha le sue radici negli anni ‘70. Quella nuova è una generazione molto competitiva, che usa in modo strategico (non documentale, come tento di fare con un po’ di eccessi informativi) scritti, citazioni, note a fondo pagina, bibliografie per costruire alleanze amicali nei mondi accademici. Li incrocio continuamente nel mio isolato lavoro professionale: si sono andate costituendo “famiglie” impermeabili l’una all’altra (....) E purtroppo li noto anche nelle .... Certo con una mescolanza generazionale decisamente più articolata.

E’ uno stile comunicativo che non mi piace. Che non entra in relazione con la fase introspettiva della mia pre-vecchiaia, di cui ti ho parlato nelle prime righe.

E’ per questi motivi, del tutto umorali, che intendo “dimettermi”  .....(che la mia vita sia tutta una dimissione? Dalla Scuola di servizio sociale, dal Comune di Milano – Servizi sociali, dal Pci-Pds … Spero che non preluda ad una dimissione ben più impegnativa …).

Ti chiedo quindi di ....

Spero – ci terrei – che resti la nostra amicizia. Mi piacerebbe qualche volta venirti a trovare per parlare al di fuori di ogni relazione di lavoro. Appunto in sincera amicizia.

Un davvero caro saluto, Paolo

Caro Paolo, è tardi e sto' per tornare a casa ma trovo la tua lettera, ricca di valori e se mi permetti, di affetti, da cui mi sento coinvolgere. Anche dalle tue dimissioni: ricordo come si è insieme discusso di quella dal Comune di Milano. Lo spazio che ti prendi credo vada visto e da te vissuto come uno spazio per la qualità, della tua ma non solo della tua vita. Quindi uno spazio fecondo, non di fuga dalla realtà, ma di ricerca di un'ottica diversa da cui guardare la realtà. Uno spazio in cui ci si può permettere anche tempi di melanconia o tristezza, ma che non si risolve assolutamente in questi, perchè cerca un'ulteriore profondità. Per ora non ne sono capace, preso ancora da troppo attivismo. Ma gli anni passano...Scusa la fretta, ma tenevo a risponderti subito, questa volta non solo per attivismo!  .....

 Pensiamoci ancora un po', sei d'accordo?

Con amicizia, ....

 


Amiche

19 Gennaio 2005. Trascrittura di un pensiero notturno di qualche giorno fa.

La nostra citazione ripresa da Roger - Pol Droit per l'anno 2005 ha molto turbato ..., che mi ha scritto una lettera molto severa.

Sono rimasto dispiaciuto per questa reazione, Davvero molto. Non immaginavo di provocare sofferenza tramite la proposta di un pensiero paradossale.

Vado a rileggere il testo, ne parlo con Luciana, che è stata la prima a segnalarlo ed evidenziarlo. Provo a riflettere, a vedere ancora.

E' evidente che di quel messaggio avevo valorizzato l'ultima parte,  quella che mette in luce il lato luminoso del cammino umano.

Trovo inimmaginabili sincronie, per climax intellettuale, con il pensiero di un altro autore "tragico" come Cioran che rileggo questa notte:

 

"Questo inverno, un giorno che, in preda all'influenza, guardavo dal letto il cielo più desolato che si possa immaginare, ho visto due uccelli (che potevano essere ?) i quali si inseguivano a vicenda, in piena caccia amorosa su quello sfondo lugubre. Un simile spettacolo vi riconcilia con la morte e forse anche con la vita"  (in  Quaderni 1957 - 1972, Adelphi, 2001, p. 38

 

E ancora trovo risonanze con i corvi neri di Van Gogh sul campo di grano: fissare la bellezza dell'attimo anche dentro i più cupi pensieri di morte.

Nella proposta di pensiero avevo, insomma, provato a vedere che anche nella grande desolazione di questi tempi può risaltare una umanissima capacità di individualizzare (Jung) e di opporsi ad una collettiva deriva distruttiva della umanità.

In modo del tutto sincronico questa interpretazione si è rivelata la sera stessa in cui leggevo le risentite risposte di ... Un demoniaco ministro del governo di questo povero paese dava addosso con odio culturale e fisico ad uno dei nostri massimi poeti: Mario Luzi (95 anni !!!)

Ecco di nuovo: la bellezza della poesia (una intera vita devotamente consacrata alla poesia) davanti ad una parte di umanità che (almeno come piccolo esercizio di immaginazione) sarebbe bello poter considerare un errore.

Rileggo ancora il messaggio. L'esercizio propone, in forma paradossale un "cambio di prospettiva" che mi aiuta a cercare un senso anche nel disordine di questo arco di tempo nel quale è iscritta la mia piccolissima vita.

Ascolto quel capolavoro musicale che è Prism di Keith Jarrett in quell'irripetibile momento di paradiso che ha saputo evocare in amicizia artistica con Gary Peacock e Jack DeJohnette a Tokio nel 1985 (esecuzione mai più - mai più ! -  ripetuta in quel modo) e God God God o If You knew di Nina Simone, nella saletta del Ronnie Scott di Londra, nel 1985 (sincronicità ?) e mi sembra di vivere in un altro mondo, dove "il bagliore di tutto quanto è sublime spicca come un dono senza pari"

 


Letture

3 gennaio 2005

Come un povero ignorante, a 56 anni, scopro la dura grandezza dello scrittore Federico Tozzi, vedendo il film "Con gli occhi chiusi" di Francesca Archibugi.

 


Eventi catastrofici

30 Dicembre 2004

 

L' onda anomala ritratta da Hokusai, l'artista giapponese vissuto tra il 1760 e il 1849, e nota come "La grande onda"

 

La fine di questo apocalittico 2004 (dopo Beslan e le decapitazioni anche lo Tsunami ...)

non porta a festeggiare, ma a meditazioni solitarie.

Proviamo ad augurare a tutti un migliore 2005

proponendo un paradossale "esercizio filosofico".

Paolo e Luciana

31 Dicembre 2004


Considerare l'umanità come un errore

Durata: circa un'ora

Materiale: nessuno

Effetto: tonico 

 

Ci hanno tanto detto che siamo eccezionali!  Il centro del mondo, figli di Dio, coscienza del tutto, sa­le della terra, intelligenza, esseri parlanti, anima della scienza, vettore del progresso. La nostra esistenza fu cosi tanto acclamata da miti, religioni, filosofie, discorsi compiacenti che non capiamo più i nostri fallimenti, le nostre bassezze, le nostre interminabili guerre e il fango senza fine di cui siamo ricoperti. Sono state cercate soluzioni dì ripiego che permettano di spiegare la nostra caduta, la nostra maledizione e la nostra doppia personalità. 

Provate allora a sperimentare una disillusione più radicale, indubbiamente più benefica. 

Disfatevi di ogni considerazione di tipo esistenziale. Considerate l'umanità solo pura casualità, un fiasco, un incidente biologico. Essa si è sviluppata senza ordine, su una pietra, in un angolo infinitesimale. Un giorno scomparirà per sempre senza che nessuno ne conservi memoria e ne parli mai più. Nel corso delle decine di migliaia di anni in cui questa strana specie è sopravvissuta, non ha fatto altro che languire. Poi si è riprodotta in modo sconsiderato saccheggiando il luogo dove vive. Prima di estinguersi avrà accumulato un'indicibile quantità di sofferenze inimmaginabili e inutili, di massacri e carestie, di schiavitù e oppressioni.

Osservate con lucidità questa specie assurda e violenta. Guardate in faccia l'assoluta mancanza di giustificazioni, la sua esistenza effimera e insensata. Esercitatevi a sopportare l'idea che l'umanità non ha fondamentalmente né ragione dì essere né alcun avvenire.

Ciò dovrebbe contribuire a rendervi sereni.

Perché su questo fondo di nonsenso e di orrore, il bagliore di tutto quanto è sublime spicca come un dono senza pari. La perfezione della musica [come le sculture musicali di Nina Simone], i quadri indimenticabili, la gloria delle basiliche, le lacrime dei poemi, le risate degli amanti... Altrettante conseguenze dell'errore. Altrettante ineffabili sorprese. 

 

Da: Roger-Pol Droit, Piccola filosofia portatile. 101 esperimenti di pensiero quotidiano

Rizzoli, p. 171 - 172